10 febbraio 2010 00:00

1. Kid Cudi, Pursuit of happiness (feat. Mgmt & Ratatat)

Un sacco di spacciatori, questa settimana: il crack spacciato per antidepressivo, apparizioni tv spacciate per atti di contrizione, il perdono e l’esclusione spacciati per metodi di management mediatico. Tanto vale tirarsi su con il mantra semplice di questo nuovo Kid venuto da Cleveland per diventare un fenomeno: “I’m on the pursuit of happiness and I know everything that shines ain’t always gonna be gold. I’ll be fine once I get it; I’ll be good”. Banale, ma detto con l’anima: luccica, non è sempre oro, e basta rendersene conto.

**2. KarkaDan,* Ethnicity***

Sempre in quota “giovani fenomeni hip-hop”, c’è anche questo tunisino del mondo sbarcato a Milano, che si fuma basi dance rappando arabo, ma anche italiano inglese francese. Il suo primo album, Karkadance, è un mixage rutilante, pieno di riferimenti all’attualità migrante (dal caporalato mafiosetto del sud alla leggendaria immortalità dei cinesi), di pacifiche rivendicazioni identitarie (Ana tunzi!), di impulso liberatorio a perseguire la felicità anche a costo di finire in balera (Discoteque!) senza neanche un aiutino di redbull e vodka.

3. Grandmaster Melle Mel, White lines

Freebase! Era l’entusiasmo giovanile del rap, era il 1983, era forse il primo successo hip-hop in cui si parlava esplicitamente della drug scene americana. Il ritmo a presa rapida (spinto da un riff di basso prelevato di peso da Cavern dei Liquid Liquid), il groove e l’entusiasmo generale (che emergono anche in mezzo a tante altre pepite d’oro dell’ultimo trentennio rap raccolte sulla recente compilation Universal Hip to the hop) facevano pensare a un festino antidroga molto molto riuscito, in quel di Noo Yawk.

Internazionale, numero 833, 12 febbraio 2010

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