1. Ben Watt, Year of grace
Alcuni anni se ne vanno in un amen. Ben Watt a momenti non arrivava nemmeno ai cinquanta. Però quante volte lo si è visto tornare. Come metà degli Everything but the Girl con Tracey Thorn. Poi dj deep house, poi narratore, poi chitarrista, poi cantante. Vena tra folk, rock, neobossa, un po’ ad amplificatori spenti, un po’ a misurate distorsioni elettriche. Senza farsi notare, capace di tutto. L’amico londinese che rimane, in una città mutevole e faticosa. L’album nuovo, Fever dreams, suona così: le canzoni di un amico introverso e importante.

2. Tiromancino, Molo 4
Riecco Zampaglione, un altro tipo di Revenant. Con un suo album dei primi anni duemila, In continuo movimento, si stava in stretti rapporti. Parlava di amori e spostamenti e rotture con l’agilità di un discorso confidenziale, intimo ed elettronico. Inutile cercare lo stesso tipo di vicinanza ora, ma fa piacere riascoltarlo con il nuovo album Nel respiro del mondo. Quando prende il largo e vede orizzonti lontani sembra di ritrovarlo. Poi vabbè, anche lui si è normalizzato, e il nuovo respiro è quello di un elegante pop nostrum, un mare di mestiere.

3. Akkura, Whydowego
Poi ci sono quelli che riconosci pur non avendoli mai conosciuti. Nella fattispecie, un coacervo di siculi (come Angelo Sicurella dagli Omosumo) con l’album Cosmotropico, una vampa da Palermo che scoppietta di poliritmie brasileire e chitarrine caraibiche, canti solari e cori a vocali aperte, rotte roots e latitudini tropicaliste. In mezzo a tanto esotismo ci stava bene anche un poco di sana sicilianità, che poteva dare il quid di unicità in più. Niente crozze o cannoli, invece, in questo locale che si vuole globale. Ma non si sa mai, ripasseremo.