18 ottobre 2016 18:59

Bruce Springsteen
Henry boy
La ballata sgangherata sul ragazzo di provincia che s’illude di assaporare la grande città: dei cinque inediti di Chapter and verse, album che fa da colonna sonora a Born to run, l’autobiografia del Boss (Mondadori), è quello che più ci restituisce il suo 1972, anno in cui scalpita per sfondare, e sembra un Raymond Carver con la chitarra che scrive benissimo e suona come viene. La demo, scarna come poi sarà l’album Nebraska (capolavoro di short stories in musica, dieci anni dopo) qui era un pezzullo da elaborare poi in studio. Va benissimo così.

Michele Gazich
Un tempo la fuga era un’arte
Una ballata di tenebre e di vertigine, che si affaccia sugli abissi dei pogrom e lascia dietro di sé una scia opalescente di chiaro di luna, ansia ed emozione. Come tutto l’album Le vie del sale, che merita di far scoprire questo ebreo errante di Brescia che da anni suona il violino per Michelle Shocked e vagabonda in territori che confinano con Vinicio Capossela, Moni Ovadia e Tom Waits. Rispolverando in più certi cimeli raccattati qua e là sulle vie del folk italico, pifferi sanniti e zampogne apenniniche. Avercene, cantastorie così.

Bol & Snah
Sidewalks
Ci sono marciapiedi per le emicranie e marciapiedi per bande militari: ogni cosa ha il suo marciapiede. Così sembra pensarla questa formazione, da consigliare a chi è di umore nordico. Nasce con il norvegese Hans Magnus Ryan detto Snah, chitarrista dei Motor-psycho, che trova un trio di connazionali ibernato in un triplo album prog anni settanta e instaura un dialogo con la formidabile voce di Tone Åse. Insieme (nell’album So? Now?) s’incamminano verso un Valhalla sonoro, in folate di poesia tra caotica e poetica. Per ascoltatori in fuga dal solito.

Questa rubrica è stata pubblicata il 14 ottobre 2016 a pagina 86 di Internazionale. Compra questo numero | Abbonati

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