31 gennaio 2017 19:00

1. Baustelle, Basso e batteria
Inizia con il leggendario giro di basso della sigla di Sandokan e culmina nei versi “ti ha lasciato un figlio, Foster Wallace, tre maglioni / e queste cazzo di parole senza senso dentro le canzoni”: riuscitissima rincorsa al nonsense intellettuale e miracolosamente pop della Voce del padrone di Battiato. Nella sua interezza, l’album di Francesco Bianconi e soci soffre peraltro, nonostante il titolo L’amore e la violenza e il pregevole artwork soft porno, di un eccesso di ennui, come se l’atteggiamento distaccato li intrappolasse un po’. Europop e snob.

2 The xx, Lips
Incipit alla Sorrentino con quello staccato a cappella da cui pare d’intravedere il fontanone romano e qualche suora che fuma. Sublime pezzo dalla cult band britannica del momento: nell’album I see you un grado di sofisticazione in più, un po’ Yazoo e un po’ New Order, sinuosa elettronica minimal a trattenere fiumi di un’emotività che comunque si sente. Lezione di misura, eleganza di sound, musica per far limonare gli hipster forse, ma di sicuro un album che tratta il mondo dei sentimenti con piglio adulto. Qui i beat veri non sono solo quelli del cuore.

3. Diazpora, Kinshasa strut

Funk congolese rifatto con gusto e precisione da un collettivo di raw funk tedesco. Quando una band funziona come un meccanismo a 18 carati, fiati e percussioni e tasti e corde sulla stessa lunghezza d’onda, l’euforia prescinde dall’originalità. Qui siamo nel giro della scena afrojazz di Amburgo, mercenari rodati riscal-dando le nottate di St. Pauli o accompagnando live rapper tedeschi tipo Samy Deluxe o FlowinImmO, il cui slang teutonico è meno valido per l’espatrio di questo sound da blaxploitation movie, esportabile senza sottotitoli.

Questa rubrica è stata pubblicata il 27 gennaio 2017 a pagina 84 di Internazionale. Compra questo numero| Abbonati

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