28 febbraio 2017 19:00

1. Cesare Basile, Cincu pammi
“Puntu annavanti e mi vaddu darreri”, punto in avanti e mi guardo indietro. Basile guarda a cronache dolenti, a soprusi storici, a mestizie ataviche. È l’unico che può dedicare una canzone a un bastone, aprire un album con una iettatura, riempirlo di cani dell’inferno, femmine tristi, ambulanti che si danno fuoco, demonio che fa terremoto. E il suo dialetto di mandorlo selvaggio è la forza di tutto l’album U fujutu su nesci chi fa? Cioè: se il pazzo esce, che combinerà? La domanda che ormai ci si fa ogni mattina, appena alzati, l’occhio alle news.

2. Antonio Faraò, News from… (feat Snoop Dogg)
Side hustle del vate sornione dell’hip hop losangelino per aggiungere lustro e potere di mercato al pezzo che deve trainare Eklektik, album in cui il jazzista romano corteggia la fusion di lusso venata di rnb (due nomi: Marcus Miller al basso, Manu Katché alla batteria). Un po’ di comprensibile zelo nel fare musica vendibile va a scapito di cose più memorabili, e anche se Faraò ha già suonato con icone pop e jazz, il suo è un bel viaggio, con tastiere e clavinet nella Cadillac customizzata sfumacchiando California con Snoop.

3. Mecna, Non serve
“Qualcuno ti tagga, nessuno ti ama” è forse la frase clou di questo blues contemporaneo glassato di hip hop all’Auto-Tune. Prende la tristezza e ne fa un trend topic e un video animato in bianco e nero (da Min Liu, taiwanese a New York), come una graphic short story di Adrian Tomine: tre mesi di lavoro per tre minuti di tatuaggi, Snapchat, soldi e disagio. Ne valeva la pena: ricombinare con potenza immaginifica elementi universali è la migliore chance che abbia il rapper di Foggia, che ha appena pubblicato l’irrequieto album Lungomare paranoia.

Questa rubrica è stata pubblicata il 24 febbraio 2017 a pagina 84 di Internazionale. Compra questo numero| Abbonati

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