21 novembre 2014 16:30

Hunger games

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Pensando ai film tratti da romanzi (possibilmente almeno una trilogia) per young adults, ambientati in un futuro distopico o comunque in una specie di universo parallelo in cui lo stato di Washington è popolato soprattutto da vampiri, licantropi e sfigati, mi viene in mente la canzone di Elio e le Storie Tese sul primo maggio e in particolare sulla musica balcanica. Belli ‘sti film, bravi gli attori, grandi budget, ma insomma hanno un po’ rotto. Comunque arriva in tutte le sale del regno la prima parte del terzo capitolo di Hunger Games. Il canto della rivolta. Parte 1. Se il secondo, La ragazza di fuoco, si poteva dire interlocutorio, questo lo è ancora di più. L’ultimo capitolo è previsto per l’autunno 2015. Gli incassi dei due primi film (tra sale e home video) hanno sfiorato i due miliardi di dollari: e questo a Hollywood significa “lunga vita a Katniss Everdeen”.

Adieu au langage

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Il sicuro campione d’incassi dovrà vedersela al botteghino con Adieu au langage 3d di Jean-Luc Godard. Inutile cercare di dare un senso alla trama o un significato al film se non nel contesto della carriera e dei film del regista francese. Meglio abbandonarsi alle suggestioni, alle provocazioni e alle “scortesie” dell’autore. Molti hanno parlato di un film-testamento, ma con Godard non si può mai dire. Lunga vita anche a Jean-Luc Godard.

Scusate se esisto!

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Reduce dal riuscito Benvenuto presidente (2013, ma soprattutto dal botto assoluto della fiction tv Tutti pazzi per amore, 1 e 2 tra il 2008 e il 2010) il regista romano Riccardo Milani firma una commedia, Scusate se esisto!, in cui affronta argomenti sempre attuali come le difficoltà che incontrano le donne a fare carriera in Italia o le nuove – più o meno necessarie – forme di famiglia allargata e altro ancora (ma davvero tutto quello che abbiamo ereditato dal passato è solo una multa salata da scontare?). Per farlo si affida a una coppia collaudata come Paola Cortellesi (che è anche la moglie di Milani) e Raoul Bova (che funzionavano bene insieme in Nessuno mi può giudicare) affiancati da un solido stuolo di non protagonisti (tra cui Lunetta Savino e Corrado Fortuna).

I toni dell’amore

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John Lithgow e Alfred Molina sono due grandi attori. In I toni dell’amore sono una coppia consumata di New York che dopo il matrimonio comincia a sperimentare una serie di difficoltà che proprio non pensavano di dover più affrontare: uno di loro perde il lavoro, devono lasciare il loro appartamento e separarsi in attesa di trovare una nuova sistemazione. Il film, diretto da Ira Sachs, non sembra spingere verso la denuncia di qualcosa o l’eccezionalità di una situazione. La critica statunitense lo ha accolto con favore (97 critici su 100 ne hanno parlato bene). Ma nessuno è rimasto davvero folgorato da questa storia d’amore.

My old lady

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Poi c’è un’altra commedia romantica, My old lady di Israel Horovitz. Kevin Kline arriva a Parigi per vendere un appartamento che ha ereditato. Dentro però ci vive Maggie Smith che non può essere messa alla porta. Per fortuna Maggie ha una figlia, Kristin Scott Thomas che è single. Non è impossibile immaginare gli sviluppi della situazione. Il cast naturalmente è solido e gli scorci di Parigi sempre molto romantici. Ma il vero problema di film come questi è che nella versione doppiata si perde moltissimo. Mi viene in mente Due giorni a Parigi di e con Julie Delpy in cui il clash tra francesi (e lingua francese) e americani (in lingua inglese) era risolto con i francesi doppiati in stile Ispettore Clouseau. Versione originale e versione doppiata sono diventati due film diversi.

Diplomacy

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E sempre a Parigi si svolge anche Diplomacy di Volker Schlöndorff, definito da Le Figaro “il più francese dei registi tedeschi”. Il film è tratto da una fortunata pièce teatrale di Cyril Gély ed è ambientato la notte prima della liberazione di Parigi, nell’agosto del 1944. Il generale tedesco Dietrich von Choltitz ha ricevuto l’ordine di Hitler di far saltare in aria mezza città. Qui entra in scena il console svedese Raoul Nordling che proverà a convincerlo a disubbidire al führer. Si tratta di una partita a scacchi tra due personaggi diversi e a fare la differenza, anche qui, sono gli interpreti. Niels Arestrup (chi si dimenticherà mai il corso di Il profeta?) è il generale tedesco che vacilla di fronte a qualcosa che non ha molto senso. Uno dei grandi veterani del cinema francese, André Dussollier, interpreta il fine diplomatico pronto a insinuare il dubbio nell’avversario. L’esito dell’incontro possiamo anche immaginarlo, ma una volta tanto la cosa che conta è il come si arriva a quell’esito.

Vicky il Vichingo

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Altre uscite. Finding happiness, una docufiction su una comunità new age in California dove tutti sono felici; Sarà un paese di Nicola Campiotti, il viaggio di due fratelli sulle tracce di Cadmo; e la trasposizione in film delle avventure animate di Vicky il Vichingo. Se ne sentiva effettivamente il bisogno. Ho visto che è previsto anche un film 3d sui Peanuts: sembra una bestemmia dare profondità alle due dimensioni di Snoopy o addirittura all’unica dimensione di Charlie Brown. Poi che altro rimane? Forse siamo pronti per un film sul Gruppo Tnt o meglio ancora per la versione 3d della Linea di Cavandoli.

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