23 gennaio 2015 18:35

Still Alice.

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Rispetto a Still Alice si parla molto, giustamente, dell’interpretazione di Julianne Moore nel ruolo di una professoressa universitaria che, molto giovane, scopre di avere l’Alzheimer. Se ne parla in chiave Oscar dove l’attrice, alla quarta nomination, sembra non avere rivali. E se ne parla perché una volta di più dimostra una grande sensibilità, senza strafare. Ma il film non è tutto là. Alice infatti ha una famiglia e il film racconta proprio il modo in cui il marito (Alec Baldwin) e i tre figli (in particolare Lydia interpretata da Kristen Stewart) affrontano la malattia della madre. Gli autori Richard Glatzer e Wash Westmoreland (qualcuno forse ha avuto la fortuna di vedere Quinceañera, del 2006) sono una coppia sposata e a Glatzer nel 2013 è stata diagnosticata la sclerosi laterale amiotrofica. Questo li ha messi in grado di affrontare il tema della malattia da una prospettiva che non ammette trucchi e scorciatoie.

Il nome del figlio.

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Le prénom è una pièce teatrale di Alexandre de la Patellière e Matthieu Delaporte che gli stessi autori hanno poi adattato per il cinema, nel 2012. Il titolo italiano del film è Cena tra amici. Francesca Archibugi ha deciso di farne un remake italiano, con Alessandro Gassman, Micaela Ramazzotti, Luigi Lo Cascio, Valeria Golino e Rocco Papaleo. La trama ovviamente è la stessa, cambia il contesto, perché dalla provincia francese ci spostiamo a Roma e perché alla sceneggiatura ci hanno lavorato la stessa Archibugi insieme a Francesco Piccolo. Onestamente capisco di più l’operazione dell’adattamento di Giù al nord (cioè Benvenuti al sud). Forse gli autori e i produttori (c’è anche Virzì tra di loro) hanno l’esperienza e i numeri per scrivere sceneggiature originali.

Difret.

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In poco meno di una ventina di sale si può vedere Difret di Zeresenay Mehari. Il film del regista etiope svela quella che è una tradizione diffusa in Etiopia, soprattutto nelle zone rurali, per cui se una donna rifiuta la proposta di matrimonio di un uomo, al rifiutato rimane la possibilità di rapirla e violentarla, in modo che poi la povera ragazza non abbia altra scelta che piegarsi alle nozze. È un film di denuncia, realizzato con pochi mezzi e con una messa in scena non troppo movimentata, ma all’inizio del 2014 si è guadagnato la selezione al Sundance e a Berlino.

John Wick.

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Non fatevi incantare da chi, soprattutto oltreoceano, parla del “ritorno” di Keanu Reeves. John Wick non vale un granché (nonostante due o tre comprimari che meritano). Soprattutto è terribilmente ripetitivo nel modo in cui “il killer in pensione che decide di tornare in pista per vendicarsi” uccide i cattivi. Sarà anche perché Keanu Reeves è ancora in gran forma, ma sul tema “il ritorno del killer in pensione ecc.” vince ancora Taken con Liam Neeson. John Wick è meno convincente anche di The equalizer con Denzel Washington e addirittura di 3 days to kill con Kevin Costner (che almeno se ne va in giro in bici per Parigi).

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