27 marzo 2015 16:06

Home.

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Come arrivare alla fine di un weekend in cui non esce nessun film statunitense, tranne un cartone Dreamworks? Qualcuno avrà notato che nei trailer dei film d’animazione presto o tardi arriva un riferimento a qualche cartone precedente. Nel caso di Home, che parla dell’amicizia improbabile tra una ragazzina e un alieno, le credenziali sono: “Dai creatori de” I Croods e Dragon trainer. Non parliamo di registi o sceneggiatori e non necessariamente di animatori. Parliamo di creatori, una categoria filosofica più che di marketing. Comunque è uno di quei cartoni obbligatori solo se si devono portare al cinema i pupi.

French connection.

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Invece escono ben tre film francesi. Il primo è French connection, di Cédric Jimenez. Siamo a Marsiglia, all’inizio degli anni settanta, l’epoca d’oro del clan dei marsigliesi e della loro eroina che viene esportata in tutto il mondo, anche negli Stati Uniti. Si parla di fatti reali. In città arriva un nuovo giudice, Pierre Michel) interpretato da Jean Dujardin, deciso a bloccare i marsigliesi. Il boss dell’eroina, Gaëtan Zampa, è invece interpretato da Gilles Lellouche. Lellouche e Dujardin si somigliano molto. In alcune scene ci vuole qualche secondo prima di capire chi dei due abbiamo di fronte. Gli autori ci vogliono forse suggerire che sono le facce simili della stessa medaglia? Che uno non esisterebbe senza l’altro? Probabilmente no, ma comunque il giochino funziona per un po’, poi stanca (sull’argomento “uno non può esistere senza l’altro”, senza risalire a Zoroastro, meglio vedere il documentario su Borg e McEnroe Fire and Ice). La sceneggiatura, le situazioni, alcune scene sono viste e riviste e non solo perché in Italia siamo ancora freschi di romanzi criminali. Come in tutti i film di questo genere c’è grande uso di auto d’epoca. Ci sono R4, 2CV, Dyane e DS, ma neanche una R5. Che fine hanno fatto le R5?

La famiglia Bélier.

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Arriva in sala anche il sorprendente campione d’incassi francese dell’ultimo natale: La famiglia Bélier di Eric Lartigau (uno dei registi di Gli infedeli dove si è formata la coppia Dujardin-Lellouche). È un film che dovrebbe essere edificante. In una famiglia di sordi, l’unica a parlare è Paula, 16 anni. Ma non solo: ha anche una voce fantastica. Coronare il suo sogno di diventare cantante potrebbe allontanarla però dalla sua famiglia. Al di là dei buoni sentimenti, se il film dovesse avere un po’ di successo qui in Italia qualcuno penserà sicuramente a un remake, un po’ come è stato fatto con Giù al nord/Benvenuti al sud. Ma c’è un piccolo intoppo. Paula è interpretata da Louane Emera, vincitrice della versione francese del talent The voice. In Italia il talent è stato vinto da una suora. Adattare questa storia con una suora protagonista, forse sarebbe troppo anche per il botteghino della Città del Vaticano.

L’ultimo lupo.

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Terzo film francese del weekend L’ultimo lupo di Jean-Jacques Annaud. Da sempre amico degli animali, meglio ancora se predatori di una certa taglia, Annaud stavolta ha scelto di adattare il romanzo omonimo di Jiang Rong. In piena rivoluzione culturale, agli occhi di Pechino, alcune tribù di pastori mongoli danno ancora troppa importanza ai lupi. Accanto a una caccia spietata agli animali, parte anche un’operazione di rieducazione delle persone. Il giovane prof spedito a spiegare la rivoluzione ai montanari scoprirà profondi valori dalla vita all’aria aperta e dalle dinamiche sociali dei lupi. Come avrà fatto Annaud a condensare tutto ciò in soli 121 minuti? Forse ad aiutarlo c’è il fatto che il film è distribuito anche in 3d.

Ho ucciso Napoleone.

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In uscita anche Ho ucciso Napoleone di Giorgia Farina, con Micaela Ramazzotti, e Lettere di uno sconosciuto di Zhang Yimou, con Gong Li.

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