12 novembre 2015 14:59

Rams

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Fine settimana un po’ triste al cinema, salvato da due film molto diversi. Rams. Storia di due fratelli e otto pecore di Grímur Hákonarson ci trasporta in Islanda dove Gummi e Kiddiley, i due fratelli, allevano fieramente un piccolo gregge di pecore. È un film fatto di paesaggi, di ambientazioni e ci fa immergere fino al collo in una realtà lontana e arcaica al centro della quale c’è il rapporto tra uomini e animali. Gli animali, le pecore, dipendono dall’uomo e viceversa. I due fratelli non si parlano ma sono uniti dal loro gregge e quando le loro pecorelle saranno minacciate non potranno fare altro che reagire, ognuno a modo suo. È una storia di pastori e in questo senso è universale, ma il paesaggio islandese – che il regista, che nasce come documentarista, rende protagonista – contribuisce a renderlo unico. Rams (mi scuserete se non ripeto il didascalico sottotitolo) ha vinto il premio Un certain regard all’ultimo festival di Cannes.

Gli ultimi saranno gli ultimi

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Il secondo film da vedere è Gli ultimi saranno gli ultimi di Massimiliano Bruno, protagonista Paola Cortellesi. Non bisogna aspettarsi una commedia popolare, tipo Nessuno mi può giudicare (stesso autore, stessa protagonista). Questo è un film drammatico, tratto da una pièce teatrale che gli stessi Bruno e Cortellesi misero in scena una decina di anni fa. Luciana e Stefano (Paola Cortellesi e Alessandro Gassman) sono una coppia che, come tante, nell’Italia di oggi, fatica a realizzare anche i sogni più piccoli, come quelli di una vita normale e dignitosa. E a soffrirne di più è Luciana, la donna, non perché parte debole della coppia (al contrario) ma perché è proprio lei a portare il peso maggiore delle frustrazioni a cui i due vanno incontro. Nell’ambientazione di provincia – ad Anguillara, un paesino vicino a Roma – Bruno riesce a sintetizzare alla perfezione molti dei malesseri della nostra epoca (ben riassunti anche dal titolo) e il film non soffre minimamente del fatto di essere tratto da uno spettacolo teatrale. Merito all’autore che dopo diverse commedie superpopolari di successo si dimostra credibile anche alle prese con un registro più impegnativo.

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Almeno quattro degli altri film in uscita, in realtà molto diversi tra loro, sono accomunati da un elemento: sono stati stroncati dalla critica anglofona. Pan di Joe Wright è una specie di prequel della storia di Peter Pan, un fantasy senza capo né coda che prende elementi da un’infinità di filoni letterari e cinematografici senza riuscire a farne funzionare nemmeno uno. Sul thriller Premonitions di Alfonso Poyart, con Anthony Hopkins, vale la pena di citare Peter Bradshaw del Guardian: “Questo potrebbe essere uno dei rari e terribili casi in cui il serial killer di turno decide di annoiare a morte le sua vittime con una pessima recitazione”. Il segreto dei suoi occhi di Billy Ray è un remake di El secreto de sus ojos, premio Oscar come film straniero nel 2009, ambientato nell’Argentina ancora scossa dagli orrori della dittatura militare. Naturalmente è meglio l’originale e in più Nicole Kidman assomiglia sempre di più a una statua di cera. Infine By the sea di e con Angelina Jolie che recita accanto al marito Brad Pitt in quello che dovrebbe essere un film d’autore. Tanto di cappello ad Angelina per voler provare questa strada (anche se sembra opera di un americano che vuole tanto fare un film europeo, anzi euròpeo), ma raccontando la storia di una coppia in crisi e interpretandola insieme al marito si prende un bel rischio. Mi viene da pensare a Woody Allen e Mia Farrow di Mariti e mogli.

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