29 aprile 2016 13:44

Settimana con molte uscite in sala. Non sarebbe giusto parlare di saldi pre-Cannes, anche se Sole alto di Dalibor Matanić arriva direttamente da Un certain regard dell’anno scorso, in cui ha vinto il premio della giuria. È un bellissimo film. Tre storie d’amore ambientate nell’arco di trent’anni in un paesino indefinito della ex Jugolslavia. La prima nel 1991, la seconda nel 2001 e la terza nel 2011. Gli stessi attori, Tihana Lazović e Goran Marković (bravi, davvero), interpretano personaggi diversi, con storie diverse, ma che poi, alla fine, sono anche la stessa.

Sole alto

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Nella prima (1991) le speranze di due ragazzi che si amano, lui croato, lei serba, si scontrano con l’arrivo della guerra. Prima che se ne rendano conto la follia esplode ed è fatta. Non si può più tornare indietro. Nella seconda (2001) le ferite della guerra sono lente a rimarginarsi, ci vuole tempo. Come a rendere abitabile una casa su cui il passaggio delle truppe ha lasciato segni profondi. Bisognerebbe scrollarsi di dosso il passato. Ma non è facile, ci vuole coraggio anche per tornare alla normalità. E forse il coraggio neanche basta. Nella terza (2011) la guerra è ormai lontana. Anche se qualche scoria rimane, ne sono usciti. Ma per andare dove?

I diversi personaggi, che però sono gli stessi interpreti, ci aiutano a comporre un mosaico universale che, episodio dopo episodio, si completa di emozioni, di sentimenti, di sfumature. Le tessere sono sparse in ogni scena, fin nei dettagli. Nei prossimi giorni pubblicheremo altre recensioni del film di firme più autorevoli della mia. Intanto vi invito a non perdervi il film, uscito in una quarantina di sale in tutta Italia (ecco l’elenco delle sale).

10 Cloverfield lane

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10 Cloverfield lane di Dan Trachtenberg è un film geniale ed è la dimostrazione (l’ennesima) di quanto il suo produttore, J.J. Abrams, sia capace di maneggiare il cinema, di manipolare generi, motivi e pubblico. C’è forse un po’ di compiacimento, ma a J.J. dopotutto si può perdonare visto che ci regala sempre prodotti gustosissimi. In Cloverfield (2008) diretto da Matt Reeves si portava all’apice l’espediente del “found footage”. In 10 Cloverfield lane il gioco passa a un livello superiore. L’inizio richiama Psycho e come nel film di Hitchcock ci porta fuori strada insieme alla protagonista, Michelle interpretata da Mary Elizabeth Winstead. Il motivo che unisce il primo e il secondo film è ancora assente, solo vagamente accennato attraverso la radio. Michelle dopo un incidente d’auto si risveglia in un bunker insieme a Howard (John Goodman, grande al solito) ed Emmett (John Gallagher Jr.). L’atmosfera claustrofobica è accentuata dal talento di John Goodman, capace di essere sottilmente minaccioso anche grazie al suo fisico ingombrante. Non si può dire altro. Rimane l’elemento che sta dentro al titolo a suggerirci in che direzione si andrà. Trachtenberg fa bene il suo lavoro, ma la presenza del produttore si avverte in tutto il progetto.

Lo stato contro Fritz Bauer

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Lo stato contro Fritz Bauer di Lars Krause racconta la storia di un procuratore tedesco, Bauer appunto, interpretato da Burghart Klaussner, che alla fine degli anni cinquanta è deciso a squarciare la coltre di silenzio che avvolge il passato del popolo tedesco. Non sono in molti a voler ricordare gli orrori compiuti nei campi di concentramento del Terzo Reich nel dopoguerra del miracolo economico tedesco. La sensazione di déjà vu è comprensibile. Pochi mesi fa è uscito Il labirinto del silenzio di Giulio Ricciarelli e la trama può sembrare identica. Ma non solo si tratta di due film distinti e complementari che affrontano in modo diverso diversi aspetti di una vicenda complessa che coinvolge non solo l’intero popolo tedesco, ma tutto il mondo uscito dalla seconda guerra mondiale. Quindi non bastano certo due film a esaurirla.

Il labirinto del silenzio e Lo stato contro Fritz Bauer sono diversi a partire dal protagonista. Nel film di Ricciarelli c’è un giovane procuratore che incarna la nuova Germania, quella che viaggia decisa verso il futuro. Nel film di Lars Kraume, il protagonista è un uomo più anziano che la guerra e il nazismo li ha vissuti in diretta. Insomma si scende in un girone più basso dell’inferno. Una curiosità. Tutti e due i registi hanno origini italiane. Ricciarelli, il cui cognome tradisce le origini, è nato a Milano, mentre Lars Kraume ha un cognome più tedesco ma è nato a Chieti.

The dressmaker

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The dressmaker è un film australiano di Jocelyn Moorhouse con Kate Winslet, Judy Davis, Hugo Weaving e Sarah Snook, quattro campioni del cinema degli antipodi. Tilly (Winslet) torna nel suo paesino dopo aver viaggiato per le migliori sartorie del mondo. Se n’era andata tanti anni prima, scacciata dai sospetti e dalla malafede dei suoi concittadini. Là ritrova, oltre alla vecchia madre, le stesse bugie e la stessa malafede, ma stavolta Tilly è cresciuta e ha delle armi in più per affrontarle. Lo scenario e il microcosmo del piccolo paesino sperduto fanno pensare a un western in cui ci si scontra a colpi di ago e filo. Il tono del film però cambia un po’ troppo spesso. Grottesco, melodrammatico, romantico… un guazzabuglio che la regista gestisce con mano un po’ pesante. All’australiana, diciamo.

La foresta dei sogni

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In uscita anche La foresta dei sogni di Gus Van Sant. Il film segue Matthew McConaughey in un viaggio nella foresta giapponese di Aokigahara, un “suicide spot” per intenditori dove incontra Ken Watanabe, anche lui in cerca di qualcosa. Di cosa? La foresta dei sogni è stato fischiato pesantemente allo scorso festival di Cannes, ma forse Gus Van Sant merita un po’ di fiducia, almeno dai suoi estimatori.

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