21 settembre 2016 10:59

Oggi nessuno può negare che le questioni riguardanti la difesa sono importanti, al contrario di quel che si poteva immaginare negli anni successivi alla fine della guerra fredda, quando gli stati europei volevano monetizzare i “dividendi della pace” e riducevano in tutta fretta le spese militari.

La situazione è cambiata per ragioni comprensibili: l’arrivo del terrorismo nel cuore dell’Europa, i conflitti alle frontiere del continente (dalla Libia alla Siria) con le conseguenze che conosciamo bene, o ancora la crisi ucraina alla frontiera orientale dell’Unione europea.

Di fatto la questione della difesa europea è vecchia quanto la costruzione stessa dell’Europa. Qualunque studente di scienze politiche conosce il fallimento della Comunità europea di difesa (Ced), un progetto di esercito europeo “ucciso” da un voto del parlamento francese del 1954. Del resto, dopo il ritiro dal comando militare integrato della Nato deciso dal generale de Gaulle nel 1966, la Francia ha preferito rimanere da sola fino al ritorno voluto da Nicolas Sarkozy nel 2009.

Proposte modeste e realistiche
Ed ecco che la difesa europea torna di nuovo sul tavolo dei 27 (il Regno Unito, una delle principali potenze militari europee, è uscito dalla logica comunitaria), con delle proposte che arrivano dal Servizio europeo per l’azione esterna diretto dall’alta rappresentante per la politica estera Federica Mogherini e da un documento comune elaborato dal ministro della difesa francese Jean-Yves Le Drian e dalla collega tedesca Ursula von der Leyen. Proposte che vanno tutte nella stessa direzione: la creazione a Bruxelles di un quartier generale per le missioni e le operazioni militari e civili dell’Ue, una capacità permanente di pianificazione, il rafforzamento dell’Eurocorps, un hub logistico europeo in particolare per il trasporto aereo militare e così via.

È possibile identificare i paesi che nell’attuale Ue sono disposti a proseguire sul terreno della sovranità condivisa

Sono proposte modeste e realistiche, perché oggi nessun paese europeo è pronto ad andare più lontano. In realtà la difesa del continente continua a essere assicurata dalla Nato, quindi dagli Stati Uniti e sotto il loro comando.

Ma queste proposte hanno comunque il merito di identificare i paesi che nell’attuale Unione sono disposti ad andare avanti su questo terreno della sovranità condivisa. Già all’indomani del vertice di Bratislava Federica Mogherini ha sottolineato che i paesi intenzionati a progredire sulla strada della difesa possono farlo senza bisogno di cambiare i trattati, ricorrendo a una clausola finora mai usata del trattato di Lisbona. Un modo per mostrare che se i 27 non sono tutti sulla stessa lunghezza d’onda, questo non dovrebbe impedire al “nucleo essenziale” di andare avanti.

Il rischio di deludere l’opinione pubblica
È un’iniziativa senza dubbio necessaria. Arrivando a Bratislava, il presidente francese Hollande – a nome del paese che dopo la Brexit è diventato la prima e più attiva delle potenze militari del continente – ha dichiarato che un insieme come l’Ue deve per forza assicurare la propria difesa, anche se è stato necessario attendere più di mezzo secolo per vedere il problema imporsi in tutta la sua urgenza. Il presidente francese ha ribadito che si tratta di un problema importante per gli europei a causa dell’inquietante contesto nel quale si trova l’Europa, quasi dovesse giustificare agli occhi dell’opinione pubblica l’utilità di un’Unione sempre più contestata.

Ma se i dirigenti europei vogliono riconciliare i cittadini con l’idea europea, questa iniziativa rischia di creare delusione. La difesa infatti è una condizione necessaria ma non sufficiente. Del resto non è difficile immaginare che impatto avrebbe la creazione di un quartier generale europeo a Bruxelles su un’opinione pubblica sempre più euroscettica.

Le ragioni della disaffezione sono senza dubbio più vaste, più profonde e più legate alla vita quotidiana, alla stagnazione economica, al rigorismo attribuito all’Europa, alla mancanza di democrazia negli ingranaggi dell’Ue, all’incapacità di gestire collettivamente la crisi dei profughi e così via. Non sarebbe certo un buon segno se l’adesione all’idea europea dovesse passare prima di tutto attraverso l’identificazione con un esercito comune.

(Traduzione di Andrea De Ritis)

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