13 agosto 2015 12:03

I quattro distinti attacchi armati che lunedì hanno colpito le forze di sicurezza turche e il consolato degli Stati Uniti a Istanbul ricordano attacchi simili degli scorsi anni. Sarebbe quindi facile affermare che si tratta solo di un giorno difficile per la Turchia e non di un momento davvero cruciale. La situazione merita uno sguardo più attento, a mio avviso, poiché gli eventi del 10 agosto trascendono le questioni interne della Turchia.

Cinque fattori di mutamento regionali

A dire il vero essi mostrano la convergenza di nuove tendenze in atto nel Medio Oriente e che riguardano la Turchia, i curdi, la Siria, l’Iraq, il gruppo Stato islamico e le politiche mediorientali degli Stati Uniti e di altre potenze straniere e regionali. Questa convergenza la ritroviamo in forme diverse altrove ed è probabile che continuerà a orientare i cambiamenti di tutto il Medio Oriente, fino a quando la regione non raggiungerà un nuovo e più sostenibile equilibrio.

L’elemento più difficile da decifrare è il gioco delle alleanze

Gli attacchi del 10 agosto sono opera del gruppo marxista turco chiamato Partito fronte rivoluzionario di liberazione del popolo (Rplpf) e del Partito curdo dei lavoratori (Pkk), entrambi impegnati da diversi anni in una lotta contro il governo e le forze di sicurezza della Turchia.

Il nuovo sviluppo su cui vale la pena soffermarsi e che possiede un’importanza per tutta la regione è la convergenza di questo scontro interno turco-curdo con i cinque nuovi fattori che stanno determinando i mutamenti regionali: la frammentazione e il parziale crollo di stati esistenti come l’Iraq e la Siria, l’emergere de facto di uno stato curdo nel nord dell’Iraq e della Siria, il persistere del movimento terroristico Stato islamico creato dal gruppo omonimo nel nord della Siria e in Iraq, il duro militarismo regionale di potenze locali quali la Turchia, l’Iran e l’Arabia Saudita e, infine, la costante incoerenza della politica estera statunitense nella regione.

L’elemento che più disorienta è la difficoltà di capire il gioco delle alleanze in questa situazione, poiché avversari e alleati degli Stati Uniti, della Turchia, dei gruppi ribelli della Siria, del governo siriano e del gruppo Stato islamico non si schierano sempre in maniera chiara.

Sia gli Stati Uniti sia la Turchia considerano il Pkk un gruppo terroristico. Tuttavia, l’alleata del Pkk nel nord della Siria, l’Unità di protezione del popolo (Ypg), con più di trentamila combattenti, è la forza militare più efficace nella lotta contro lo Stato islamico. Le truppe dell’Ypg hanno collaborato strettamente con gli Stati Uniti e altri per respingere lo Stato islamico in varie aree strategiche del nord della Siria, incluse Kobani, Tel Abyad e Hassaka.

Un legittimo stato sovrano curdo nascerà forse nei prossimi decenni

Allo stesso modo, gli Stati Uniti si oppongono a quelle milizie vicine all’Iran che operano in Iraq, sebbene queste siano tra le forze di terra più efficaci nella lotta contro il gruppo Stato islamico nell’Iraq centrale. Gli Stati Uniti e Hezbollah sono rivali ma, nella loro lotta comune contro lo Stato islamico e il Fronte al nusra nella Siria occidentale, si trovano a combattere dalla stessa parte.

Stato e identità

I punti in comune, allora, tra queste realtà così frammentate sono essenzialmente due: i pochi stati che sopravvivono nella regione sono sottoposti a un processo di riconfigurazione interna; inoltre si afferma una rivendicazione identitaria di gruppi di persone insoddisfatte dall’attuale organizzazione statale che ha contrassegnato il Medio Oriente nell’ultimo secolo.

La Siria e l’Iraq sono gli esempi più lampanti di stati che, disgregandosi, vivono le principali conseguenze immediate: la nascita del cosiddetto Stato islamico e l’espansione di territori controllati dai curdi diventati ormai un protostato. Lo Stato islamico non durerà mentre un legittimo stato sovrano curdo nascerà probabilmente nei prossimi decenni.

Quando una grande potenza regionale come la Turchia comincia a dare prove di forza militare, una grande potenza globale come gli Stati Uniti continua a usare la sua potenza militare come un normale strumento politico nella regione e governi come quello siriano attaccano ferocemente i loro stessi civili, non dovrebbe sorprenderci che gli ordini statali esistenti comincino a vacillare e a crollare.

Questo crea le condizioni perché dei nuovi poteri locali e le autorità di nuovi stati comincino a radicarsi, come accade per i curdi e lo Stato islamico. La questione è ulteriormente complicata dal fatto che non abbiamo un’idea chiara di chi prenderebbe il potere se e quando, a Damasco, il governo di Assad dovesse cadere, il che rimette in gioco gli interessi e il coinvolgimento militare attivo del governo iraniano e di Hezbollah in Libano.

Dati gli scarsi risultati ottenuti da buona parte degli stati arabi nel secolo scorso, dobbiamo aspettarci sempre più spesso stati in via di frammentazione e alleanze contraddittorie tra potenze regionali agguerrite e potenze globali militarizzate. Il che ribadisce il vecchio adagio politico americano secondo cui la politica è sempre locale: in tutti questi casi, infatti, sono le identità e gli interessi locali a dare avvio alle diverse situazioni, obbligando le potenze regionali e globali a reagire.

(Traduzione di Federico Ferrone)

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