11 maggio 2015 19:33
Il presidente dell’eurogruppo Jeroen Dijsselbloem, a sinistra, e il ministro dell’economia greco Yanis Varoufakis a Bruxelles. (Geert Vanden Wijngaert, Ap/Ansa)

Sono ore difficili per la Grecia e per l’Europa. Alla vigilia della riunione di Bruxelles dell’eurogruppo, che dovrebbe sancire un accordo o una rottura tra i partner europei e Atene, la Grecia vorrebbe lo sblocco di una tranche di 7,2 miliardi di prestiti e (soprattutto) un’intesa definitiva con l’ex troika. Ma c’è grande incertezza sull’esito finale della trattativa, che va ormai avanti da tre mesi. Un segnale che potrebbe essere interpretato come positivo (almeno, dal punto di vista della Grecia, o di chi vorrebbe evitare l’uscita di Atene dall’euro) è arrivato poco fa: il governo greco ha fatto sapere di aver dato l’ordine di pagare i 750 milioni che doveva rimborsare entro domani al Fondo monetario internazionale.

Ma la giornata di oggi è stata particolarmente significativa: il governo di Alexis Tsipras ha formalmente chiuso, rispettando le promesse elettorali, due vicende che avevano creato un grandissimo coinvolgimento e grande partecipazione nell’opinione pubblica, e che certamente hanno pesato sulla vittoria di Syriza alle elezioni dello scorso febbraio. La prima vicenda è quella delle 595 signore delle pulizie del ministero dell’economia, licenziate dal governo conservatore di Nea Demokratia per rispettare le indicazioni della troika, e stamattina formalmente riassunte dal ministro Yanis Varoufakis.

La vicenda aveva destato tantissima rabbia nel paese: quasi seicento donne erano state improvvisamente licenziate, nonostante il loro lavoro fosse necessario e i loro stipendi fossero molto bassi, semplicemente perché lo chiedevano i rappresentanti di Unione europea, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale. Da allora le “signore delle pulizie”, tutte madri di famiglia quasi cinquantenni, sono state sempre in prima fila nelle manifestazioni di protesta. E lo erano anche il giorno della vittoria elettorale di Alexis Tsipras. Ieri – non a caso alla vigilia della riunione dell’eurogruppo – Varoufakis ha annunciato la loro riassunzione al ministero, spiegando che si tratta di “un atto necessario per ripristinare un ordine legale e morale”.

Il secondo evento è la gioiosa invasione della sede della televisione pubblica greca da parte di centinaia di giornalisti e tecnici. Erano stati tutti licenziati al momento dell’improvvisa decisione del premier conservatore Antonis Samaras nel 2013 di chiudere la Ert, la società che gestisce la tv di stato, e di creare una televisione “nuova”, la Nerit. Un’emittente che, come molte reti private, sostiene Nea Demokratia.

La decisione di chiudere l’Ert ha generato grandi proteste. Ha fatto scalpore la cancellazione di più di venti canali tv e radio e il licenziamento dalla sera alla mattina di 2.600 persone: dai giornalisti ai tecnici, fino ai musicisti dell’orchestra nazionale che il 16 giugno hanno eseguito, piangendo, l’inno nazionale. Il personale dell’Ert ha occupato fino al novembre del 2013 la sede della televisione alla periferia di Atene, lavorando gratuitamente per trasmettere programmi e notiziari che furono molto seguiti su internet dai greci. Dopo lo sgombero della sede da parte della polizia, la Ert Open ha continuato a trasmettere, sempre con lavoro volontario, coordinato dal sindacato Pospert.

Lo scorso 29 aprile il parlamento dominato da Syriza ha approvato una legge che, come promesso in campagna elettorale, non solo ripristina la Ert, ma prevede la riassunzione di tutti i licenziati. Proprio stamattina in tantissimi hanno invaso in modo pacifico le sede centrale della tv pubblica ad Agia Paraskevi. Pianti, lacrime, bandiere, grida di gioia ma anche qualche critica al governo per aver ritardato la decisione, e per i nomi scelti da Tsipras per guidare la nuova Ert: il cantautore Dionysis Tsaknis come direttore, e come amministratore delegato un manager come Lambis Tagmatarchis, che aveva svolto questa funzione anche nella vecchia Ert.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it