30 gennaio 2014 00:00

Alexis C. Madrigal, The Atlantic

Con un account che pubblica solo foto storiche, due ragazzi hanno raccolto su Twitter quasi un milione di follower. Senza preoccuparsi dei diritti d’autore e spesso senza citare i fotografi.

Su Twitter c’è un nuovo nome onnipresente. Non mi riferisco aFirst Look Media di Pierre Omidyar, a BuzzFeed o a The Verge, e neanche a qualche altra startup finanziata dagli investitori.

È HistoryInPics, un account gestito da due ragazzi: Xavier Di Petta, 17 anni, che vive in una cittadina australiana a due ore a nord di Melbourne, e Kyle Cameron, 19 anni, che studia alle Hawaii.

I due si sono conosciuti smanettando su YouTube quando avevano 13 e 15 anni e da allora seguono insieme (ma non sempre) alcuni progetti sui social network: hanno creato account su YouTube e Facebook facendo soldi con la pubblicità, ma il loro progetto più importante potrebbe essere HistoryInPics.

L’account pubblica foto storiche con una breve descrizione e, nonostante sia nato a luglio dell’anno scorso, ha già quasi un milione di follower.

Il progetto ha ottenuto questo risultato eccezionale senza l’aiuto ufficiale di Twitter, che spesso permette ad account di celebrità e mezzi d’informazione di espandere il loro pubblico inserendoli negli elenchi in cui si consigliano feed da seguire.

In media un tweet di HistoryInPics viene ritwittato più di 1.600 volte e aggiunto ai preferiti 1.800 volte. Per fare un confronto, l’account americano di Vanity Fair (1,3 milioni di follower) ha in genere una ventina fra retweet e preferiti per ogni singolo post.

Io ho circa 140mila follower, ho pubblicato più di 30mila tweet e non ne ricordo neanche uno che abbia ricevuto una quantità di retweet o di preferiti pari alla media di HistoryInPics.

Inoltre, facendo una breve verifica ho scoperto che solo il 5 per cento dei follower di HistoryInPics è finto. Una cifra molto bassa per un numero così alto di lettori. L’account è seguito anche da personaggi famosi come Jack Dorsey o Kim Kardashian.

Neanche le celebrità riescono a trattenersi dal condividere l’immagine perfetta arrivata dal passato che spunta all’improvviso nel loro feed. Chi può resistere a Tupac Shakur steso su una barella con il medio alzato subito dopo che gli hanno sparato, a un treno della prima guerra mondiale che trasporta i soldati da un punto all’altro delle Fiandre o a Audrey Hepburn e Grace Kelly dietro le quinte degli Oscar?

In altri termini, HistoryInPics è un vero fenomeno nato esclusivamente su Twitter.

Il fatto strano, però, è che nei social network gli utenti cercano di attirare l’attenzione verso un sito web, un progetto o un giornale, mentre su HistoryInPics non c’è il nome degli autori. Nessuno sta cercando di guadagnare sulla popolarità del progetto, e a un primo sguardo si direbbe che l’utente che lo ha creato sia un anonimo appassionato di storia.

Invece no: HistoryInPics è la creatura di due ragazzi il cui unico punto di contatto è la vicinanza con l’oceano Pacifico. E questo non è neanche il loro unico progetto: i due ragazzi hanno anche lanciato EarthPix, che ha le stesse statistiche mozzafiato, e diversi account comici che sono sul punto di vendere e che ho accettato di non nominare.

Cameron e Di Petta gestiscono almeno cinque account con centinaia di migliaia di follower e statistiche che farebbero invidia a chiunque. Come fanno? Una volta raggiunto un certo numero di follower con un account, lo usano per promuoverne altri.

“Di solito individuiamo una tendenza (oppure la creiamo) e la trasformiamo in un account su Twitter”, ha spiegato Di Petta in chat. “Poi pubblicizziamo l’account su pagine molto visitate e quando arriviamo a cinquanta o centomila follower riusciamo a diventare ‘virali’ anche senza promozione”.

Ho visto moltissime persone cercare di fare qualcosa del genere, ma pochissime ci sono riuscite. I due sono come dj che suonano esattamente i pezzi che tutti vogliono, solo che per farlo usano fotografie su Twitter. Insomma: è probabile che la loro capacità di attirare il pubblico a partire da zero non abbia uguali nel mondo dei mezzi d’informazione del giorno d’oggi.

Anche un sito web
Xeni Jardin, curatrice di BoingBoing, di recente ha twittato: “Adoro HistoryInPics, ma perché non citano il nome dei fotografi?”. Ed è qui il problema. Il successo di Di Petta e Cameron viene dal lavoro di fotografi che non sono citati nella descrizione. A volte alcune informazioni sono sbagliate o le fotografie pubblicate sono protette dal diritto d’autore.

I due ragazzi seguono regole sconosciute ai mezzi d’informazione, sia a quelli tradizionali sia ai nuovi. Da un certo punto di vista, stanno barando al gioco dell’informazione ed è per questo che stanno vincendo.

Ho intervistato Di Petta su Skype e gli ho chiesto di raccontarmi i dettagli della creazione di questo piccolo impero fatto di account Twitter. Mentre mi parlava del modo in cui lancia questi progetti insieme a Cameron, gli ho chiesto cosa pensasse di queste critiche.

“La maggior parte delle immagini sono di pubblico dominio”, ha risposto. Fantastico, ho detto, allora guardiamo insieme le ultime cinque. Ma non tutte erano di pubblico dominio. Così gli ho chiesto: “Cosa pensi dell’uso di queste immagini?”.

“Se un fotografo presenta un reclamo a Twitter, e fornisce delle prove, io sono pronto a rimuovere l’immagine”, ha risposto Di Petta. “Secondo me a chiunque fa piacere che una propria foto sia vista da tante persone”.

Su questo aspetto ho insistito. Non dovrebbe spettare a Di Petta e a Cameron chiedere l’autorizzazione ai fotografi o a chi detiene i diritti delle foto? “Non sarebbe facile”, ha risposto Di Petta. “I fotografi sono quasi tutti morti. Oppure è difficile capire chi ha scattato la foto”.

Poi Di Petta ha aggiunto: “Pensi a BuzzFeed. Il loro modello imprenditoriale si basa più o meno sull’uso di immagini protette dal diritto d’autore”.

Ho commentato che nei mezzi d’informazione molti non apprezzano l’interpretazione di BuzzFeed della clausola del fair use che concede un’eccezione alla legge sul diritto d’autore. “Conosco dei fotografi che vorrebbero sapere se non ti sembra scorretto approfittare del loro lavoro”, gli ho detto.

“È interessante”, ha risposto Di Petta. “Io ritengo che noi monetizziamo il nostro traffico, mentre loro credono che monetizziamo le loro immagini”.

“Loro direbbero che senza le immagini non avreste traffico”, ho osservato.

“In parte hanno ragione”, ha ammesso. “Ma se usassimo un’immagine invece di un’altra, il traffico non cambierebbe. Però capisco cosa vogliono dire”.

Con il suo ragionamento, Di Petta rispecchia la logica di tutti i social network.

Facebook, Twitter e soprattutto Pinterest approfittano della condivisione di immagini protette dal diritto d’autore. Quasi tutti i social network si basano su contenuti visivi che però non pagano (e non contribuiscono a creare).

È facile arrabbiarsi con Di Petta e Cameron per il modo in cui usano Twitter per conquistare un pubblico vasto e affezionato, ma a trarre davvero vantaggio dalla condivisione di immagini protette dal diritto d’autore sono i grandi social network, due dei quali sono ormai società quotate in borsa mentre l’altra è un’azienda privata che vale miliardi di dollari.

Chi deve essere criticato: i due giocatori più bravi o i proprietari dello stadio? È probabile che quando HistoryInPics e EarthPix raggiungeranno il milione di follower, Di Petta e Cameron lancino un sito web. Così anche loro potranno cominciare a guadagnare attraverso la pubblicità sul sito.

(traduzione di Floriana Pagano)

Questo articolo è uscito sull’Atlantic con il titolo The 2 teenagers who run the wildly popular Twitter feed @HistoryInPics. Una versione più corta di questo articolo è uscita su Internazionale numero 1036, 31 gennaio 2014.

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