25 marzo 2016 13:52

Ci siamo, finalmente. La prima scena della nuova stagione di House of cards che io e Ben aspettavamo ardentemente si apre in una cella di prigione. C’è un personaggio che abbiamo già visto, ne sono certa: lo riconosco. Però chi è? Che cosa ha fatto? Perché è in prigione? Non ricordo niente di lui, né, in realtà, di buona parte della trama della stagione precedente, ma sono sicura che mi tornerà in mente più avanti, strada facendo. È seduto sulla branda superiore di un letto a castello e sta parlando da solo – no, aspettate, sta recitando a memoria una specie di scena porno.

La macchina da presa fa una panoramica verso il basso e inquadra la cuccetta inferiore, dove il suo compagno di cella si sta masturbando furiosamente – e intendo dire furiosamente – e a questo punto io e Ben lanciamo preoccupati un’occhiata alla porta del salotto, sperando di non vedere entrare i ragazzi.

Penserete che sono una che si scandalizza facilmente – e ci tengo a precisare che i miei figli non sono così “protetti” da non aver mai visto cose del genere – ma non ho potuto fare a meno di pensare: “Meno male che non guardiamo più la tv tutti insieme!”. È una fortuna che i genitori e gli adolescenti moderni non debbano più affrontare l’atroce imbarazzo di guardare insieme le scene di sesso in tv, tenendo lo sguardo fisso davanti a sé e sperando di sprofondare in una botola.

È stata un’esperienza traumatica e formativa per tutte le persone della mia età, anche se una volta le scene di quel tipo erano più castigate di quella che ho appena descritto. Ricordo che un Natale vidi mio nonno dirigersi a grandi passi verso la tv, con il vigore di un uomo più giovane di vent’anni, e spegnerla, perché i due protagonisti di Love story si sbaciucchiavano. Non era neanche vero sesso, solo una pomiciata.

Siamo la classica famiglia moderna, dipendente da cellulari e computer. Ma cerchiamo cose buffe e poi le condividiamo

“I tempi sono cambiati, lord Grantham”, ha detto qualche tempo fa una delle nostre figlie a Ben, che si lamentava di qualcosa. Non siamo certo puritani come lo erano i nostri nonni o anche i nostri genitori, e posso parlare di sesso con i miei figli (se proprio è necessario). Ma sono comunque contenta di non aver dovuto guardare la scena di apertura di House of cards con loro seduti accanto a me sul divano.

È a questo che penso quando la gente si lamenta che internet ci ha isolati o si dispera perché in famiglia non condividiamo più niente, ognuno incollato a uno schermo diverso. Eppure molte delle cose che condivido con i miei figli ci arrivano attraverso internet, e questo significa che se da un lato ci isola, dall’altro ci unisce.

Nelle rare occasioni in cui guardiamo la tv insieme, i ragazzi continuano ad armeggiare con i loro telefoni. Ma anch’io spesso sono su Twitter, quindi chi sono per lamentarmi? Siamo la classica famiglia moderna, dipendente da cellulari e computer. Sta diventando un cliché, l’immagine di persone che non si parlano, ognuna inchiodata al suo schermo personale. C’è chi dice che questo dovrebbe farci arrabbiare o che dovremmo trovarlo deprimente, ma a me sembra che tutto sommato usiamo internet per socializzare: di solito cerchiamo cose buffe e divertenti e poi le condividiamo.

Ho perso il conto delle gif e dei vine che ho dovuto guardare sul telefono di un’adolescente. A volte capisco la battuta e mi faccio una risata (LOL!), altre volte no, e me la devono spiegare. Ma qualsiasi altra cosa io abbia condiviso con i miei genitori, non ricordo di aver riso tanto.

E mi piace il fatto che la condivisione funzioni nei due sensi, che il traffico viaggi in entrambe le direzioni. Dopo cena, ci riuniamo intorno al mio laptop e faccio vedere ai ragazzi l’ultimo video dei Cassetteboy su Youtube o una clip di Tom Hiddleston che balla durante un talk show, mentre una di loro tira fuori le top ten della settimana per farcele ascoltare e giudicare. Il vecchio e il nuovo stile familiare coesistono, insomma, uno accanto all’altro: prima mangiamo insieme, e poi ridiamo insieme di quello che troviamo su internet.

Alla fine, ognuno si ritira nel suo spazio privato per riconnettersi con quel gruppo sociale più ampio e onnipresente, per ascoltare musica che darebbe sui nervi agli altri o per fare qualsiasi altra cosa gli vada di fare. E a me sta bene così. Una delle mie figlie mi ha appena detto che sta guardando House of cards. Mi è venuto da ridere.

(Traduzione di Diana Corsini)

Questo articolo è stato pubblicato sul settimanale britannico New Statesman.

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