14 gennaio 2016 10:46

Da fine novecento la “piramide demografica” ha cominciato a cambiar forma. La sommità ora si dilata: i baby boomer, nati con l’impennata demografica dopo la seconda guerra, ora hanno più di 65 anni. L’Europa si avvia ad avere un terzo della popolazione in questa fascia d’età (più di un terzo in Giappone, Germania e Italia).

Spesso guardiamo con scetticismo alle organizzazioni internazionali. Si deve a esse, però, più che a singoli stati, la precoce segnalazione del fenomeno fin dagli anni ottanta, l’elaborazione di proiezioni, diventate realtà in questi anni, e, infine, la spinta a cambiare atteggiamento culturale, come documenta Alessandra Gregianin nella sua bella tesi dottorale padovana (in rete).

Gli anziani da oggetto di assistenza e spesa appaiono sempre più soggetto attivo, partecipi a pieno titolo della vita sociale e produttiva. Si profila decisivo il ruolo dell’educazione. Lo si vede in paesi come gli Stati Uniti, con una forte presenza di quelle strutture per l’educazione degli adulti ancora carenti in Italia. Che cosa vi va succedendo lo mostra bene un vivace articolo di Harriet Edlesonjan nel New York Times.

I corsi di lifelong learning si diversificano quando vi si accentua la presenza di anziani. Questi non cercano aggiornamento professionale, ovviamente, ma frequentano per amor del sapere e tenersi attivi oppure per acquisire nuove abilità per un restart, loro, gli assistiti d’un tempo, nel campo dell’assistenza sanitaria e educativa.

Questa rubrica è stata pubblicata il 8 gennaio 2016 a pagina 88 di Internazionale, con il titolo “Nuovi scolari crescono”. Compra questo numero| Abbonati

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