01 aprile 2016 20:41

A fine gennaio 2016 Eurostat ha pubblicato i dati 2014-2015 sullo studio di lingue straniere nelle scuole dei paesi dell’Unione europea. Un primo blocco di dati riguarda il ciclo finale della scuola di base, ossia il triennio iniziale della scuola postelementare.

Qui in diversi paesi, come in Italia, ha cominciato ad affermarsi l’insegnamento di due lingue. Si cerca così di dare spazio al plurilinguismo, allo studio di quelle lingue che, ormai da parecchi anni, sono molto meno studiate dell’inglese. Studia l’inglese il 98 per cento degli allievi, mentre il 33,7 studia il francese, il 23,1 il tedesco, il 13,1 lo spagnolo, il 2,1 il russo e l’1,1 l’italiano. Sono del tutto marginali grandi lingue del resto del mondo: arabo, cinese, giapponese, portoghese, turco.

La secondaria superiore è il ciclo decisivo per avvicinarsi a una piena padronanza degli usi più colti e complessi delle lingue. In media e solo da pochi anni il 50 per cento studia due lingue, a volte tre. Raggiungono su questa strada quasi il cento per cento Finlandia, Romania, Slovacchia, Francia, Estonia, Slovenia, Repubblica Ceca. Supera il 50 per cento la Germania. Italia e Spagna stentano a superare il 20 per cento. Restano sotto il 10 per cento Portogallo, Grecia, Irlanda e Regno Unito.

La qualità degli apprendimenti sembra molto varia e per molti paesi, tra cui l’Italia, è insoddisfacente. La scuola resta la fonte maggiore di un arricchimento linguistico desiderabile, ma ancora lontano.

Questo articolo è stato pubblicato il 25 marzo 2016 a pagina 91 di Internazionale, con il titolo “Lingue tra i banchi”. Compra questo numero | Abbonati

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