14 aprile 2016 19:59

La bambina che ti regala, a te che insegni, un lampo di luce dei suoi occhi nel momento in cui capisce davvero che 0,21 è molto più grande di 0,13240, e da quel momento camminerà spedita nel mondo dei decimali e, poi, delle frazioni. Il bambino che viene a chiederti una spiegazione e se tu lo ascolti e lodi il suo dubbio non lo dimenticherà più. Queste cose una scuola di macchinette non le potrà mai dare, ai maestri, naturalmente, e agli alunni.

Come molti ci fanno ricordare, da Ovidio a Bernard Shaw, Pigmalione grazie all’amore diede vita alla fanciulla marmorea di una sua scultura. Quello che le scienze dell’educazione chiamano “effetto Pigmalione”, il suscitare la vita dell’intelligenza con un’approvazione, ma anche spegnerla con la disattenzione o lo spregio (basta uno sguardo, un cenno), una scuola senza insegnanti non potrà conoscerlo.

La newsletter Toile de l’éducation di Le Monde ha rilanciato la preoccupazione espressa da Jean Tévelis in un suo blog e nei suoi libri di successo sull’educazione scolastica e familiare. L’ultimo libro, A l’école des mômes, alla scuola dei bambinetti, alza il tiro contro tendenze ministeriali che mirano a meccanizzare l’insegnamento e hanno l’effetto di creare una scuola di cancres, di scansafatiche, magari automatizzati. Apprendere e insegnare si sviluppano bene in un ambiente phyrtual, come dice Alfonso Molina, dove il virtual delle tecnologie integra potentemente ma non cancella il rapporto reale, fisico, tra le persone.

Questa rubrica è stata pubblicata il 8 aprile 2016 a pagina 93 di Internazionale, con il titolo “Pigmalione e le tecnologie”. Compra questo numero | Abbonati

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