29 aprile 2016 19:44

Le Monde (16 aprile) ha segnalato una nuova messa in scena di Djihad, una pièce di Ismaël Saidi. Di nuovo, stavolta a Trappes, un piccolo borgo della regione parigina con meno di 30mila abitanti, lo spettacolo ha fatto il pieno di centinaia di liceali musulmani e non. E ancora una volta si è pianto e si è riso, ci si è emozionati e si è ragionato. E poi si è parlato in un dibattito liberatorio che ha portato alla ribalta ed esorcizzato gli stereotipi contrapposti, antiislamici e fondamentalisti, xenofobi e antisistema, razzisti.

Djihad è la storia di tre giovani marginali belgi che un imam convince a lasciare il paese per farsi cavalieri a difesa dell’islam. Seguono le disavventure del loro viaggio, le loro delusioni, la conclusione (interlocutoria, bisogna dire) espressa da uno dei tre apprendisti jihadisti: “Sì, fratello, siamo stati manipolati, ma non solo dal sistema, anche dai nostri”. Saidi, trentenne, figlio di immigrati marocchini, dopo vari mestieri da anni si è dedicato alla scrittura.

Il testo era stato rappresentato nel 2014, prima degli attentati di Parigi e Bruxelles. Dopo, contro ogni previsione, le richieste di replica e i pienoni si sono moltiplicati in Belgio e Francia. Le scuole sono interessate, alcuni professori hanno chiesto a Saidi di scrivere un manuale di istruzioni per l’uso pedagogico. Speriamo di no. Alice, Pinocchio, Timpetill, Rodari parlano da soli. Forse una risata non seppellirà i jihadisti e i razzisti, ma spingerà molti a ragionare.

Questo articolo è stato pubblicato il 22 aprile 2016 a pagina 104 di Internazionale, con il titolo “Qualche risata li seppellirà?”. Compra questo numero| Abbonati

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