20 maggio 2016 17:51

In gennaio a Londra, a marzo a Berlino (Michael Felten, Die Zeit 3 e 7 marzo) educatori di vari paesi hanno discusso metodi e risultati delle imponenti ricerche svolte da John Hattie, neozelandese, professore in Australia a Melbourne, e il suo visible learning. Opinionisti, politici, intellettuali, sindacalisti indicano di volta in volta qualche fattore come decisivo per migliorare la scuola. Hattie vorrebbe cercare di limitare il peso del libero opinamento, censire i fattori possibili e per ciascuno studiare su basi statistiche che effetto ha sugli apprendimenti. Il lavoro è cominciato negli anni novanta, spremendo con l’aiuto di una squadra di statistici migliaia di studi su migliaia di scuole.

La lista graduata dei fattori s’è andata ampliando e precisando: da 138 nel libro Visible learning del 2009 a 195 in Applicability of visible learning to higher education del 2015. La graduatoria riserva sorprese: la numerosità delle classi appare solo al numero 106, le amatissime charter school al 107, le bastonate figurano tra i fattori con incidenza negativa. La discussione sugli Hattie factors si è riproposta anche a Berlino, ma cercando di andare oltre. Il primo Hattie factor è il bravo insegnante. Ma chi è un bravo insegnante? A Berlino hanno concluso: i bravi insegnanti sono quelli che lavorano in team, sanno molto e hanno molta libertà. E qualcuno ha voluto aggiungere: prima di parlare i liberi opinanti dovrebbero insegnare almeno un mese in una scuola media.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it