25 novembre 2016 18:01

Dal libro Scuola di classe di Roberto Contessi (Laterza 2016) emerge un criterio per valutare le istituzioni formative: studiare attraverso gli anni le sorti lavorative e sociali di chi vi si è formato. In Italia da oltre vent’anni il consorzio interuniversitario AlmaLaurea di Bologna e Roberto Cammelli hanno accumulato indagini sistematiche sul destino lavorativo dei laureati nelle università italiane, anche senza dominanti intenti valutativi.

Fuori d’Italia Times Higher Education e Le Monde Campus hanno dato spazio alle ricerche sulla sorte occupativa di laureati di 150 università del mondo, svolte interrogando 2.500 reclutatori da Trendence, un istituto di sondaggi di Berlino, e da Emerging, un istituto specializzato in risorse umane.

Per i reclutatori, come per chi è in condizione di scegliere un’università piuttosto che un’altra, sapere quale è la sorte di chi ne è uscito è più interessante del numero di Nobel che vi hanno insegnato. I risultati del 2016 integrano e correggono i risultati dei tradizionali ranking universitari, Shanghai e altri. Dominano sempre le università di Stati Uniti e Regno Unito, ma tra le prime dieci si affacciano Monaco e statale di Tokyo, nelle venti successive diverse università francesi, tedesche, spagnole, cinesi, svizzere. Guardando alle sorti successive il quadro è dunque molto più variato. Secondo lo studio i reclutatori cominciano a dare meno peso alla nazionalità delle università e più alla reale formazione.

Questa rubrica è stata pubblicata il 25 novembre 2016 a pagina 105 di Internazionale. Compra questo numero | Abbonati

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