03 giugno 2016 13:26

Sono un tecnocrate. Guardandomi allo specchio, quasi non riesco a dirmelo senza provare disgusto per l’immagine che vedo riflessa. Se dovessi dar retta ad alcuni brillanti professionisti della televisione, per questa colpa dovrei tagliarmi le vene mentre brucio sul rogo appeso alla forca. Altre soluzioni potrebbero essere l’esorcismo, l’aglio e un paletto di legno conficcato là dove dovrebbe esserci il cuore, ma è meglio andare sul sicuro, come consigliano i protagonisti dei migliori talk show, tutti osservatori specchiatamente indipendenti…

Il fatto che le trasmissioni in questione siano moderate da ex o futuri politici, alcuni dei quali con l’esperienza del carcere e un particolare fiuto per gli “affari”, e che siano pagate e controllate da queste stesse persone è una questione insignificante. In fondo non possiamo farci intralciare da problemi che riguardano la verità, la morale e l’etica…

L’idea che il governo romeno, di cui faccio parte, sia un governo di tecnici è tanto diffusa quanto lontana dalla realtà. In realtà noi tecnici siamo pochi. Alcuni lavoravano già nella cancelleria del primo ministro, dove erano, e rimangono, relativamente isolati.

L’esecutivo è nato dai negoziati con i partiti, che in qualsiasi momento possono decidere che non è nel loro interesse averci al governo. Perché quanto più successo avremo noi tecnici, tanto meno risulteranno credibili i partiti. Corre voce, e l’esperienza la conferma, che in alcuni ministeri sia stato “impartito” l’ordine di non darsi troppo da fare e di considerare il periodo del governo tecnico come un anno sabbatico.

Queste persone sono arrivate a occupare posti di potere dopo carriere che hanno del miracoloso

Il sistema, quindi, è composto in schiacciante maggioranza dalle stesse persone che ne facevano parte prima della strage del Colectiv (nell’incendio divampato il 30 ottobre 2015 nel club Colectiv di Bucarest sono morte 64 persone. La strage ha portato alle dimissioni del primo ministro Victor Ponta e alla formazione di un nuovo governo con diversi ministri tecnici).

Queste persone sono arrivate a occupare posti di potere dopo carriere che hanno del miracoloso, cominciate in università di dubbia fama e proseguite in partiti, ministeri, sindacati o ong affiliate politicamente a qualcuno. E non vedono l’ora che tutta questa storia dell’onestà finisca e si torni alla vecchia routine. Ovviamente ci sono anche delle eccezioni, ma si tratta di persone in maggioranza ignorate, emarginate o che si sono abbandonate al cinismo.

Parecchie brave persone mi consigliano di entrare in politica e di rimanere nell’amministrazione pubblica. Quello che non capiscono è che alle mie orecchie sembra più una maledizione che un incoraggiamento. Un tecnico come me viene da un impiego pagato da tre a dieci volte di più, dove si è rispettati, dove la possibilità di finire imbrattati di fango è prossima allo zero, dove si lavora con orari normali e non fino allo sfinimento, e dove non si deve rendere conto del proprio operato a ogni singola persona.

Lo stato trattato come una prostituta

Negli impieghi che ho avuto finora non si era mai posto il problema di capire se il motivo per cui andavo a lavorare fosse rubare o arricchire il curriculum. Privilegi del genere sono riservati a chi lavora per lo stato in un “governo tecnico”. Lo stato romeno gode di una pessima fama. Molti degli imprenditori che fanno affari con il settore pubblico potrebbero essere perfettamente tagliati per una brillante carriera da magnaccia. Lo stato, infatti, è trattato come una prostituta che fa guadagnare molto e che in cambio non riceve nulla o, nel peggiore dei casi, botte e insulti.

Molti funzionari pubblici mi hanno confessato che ubbidiscono sempre ai politici, anche se i politici sono degli idioti corrotti. È così che questo modello di uomo politico, idiota e corrotto, è legittimato. Certo, come nei ministeri, anche in politica ci sono delle persone oneste, che però purtroppo sono immeritatamente demonizzate dai mezzi d’informazione e dai cittadini.

Per non essere più prigioniero di queste aziende sanguisughe, lo stato romeno ha urgente bisogno dell’aiuto di tutti i professionisti seri del paese

Abbiamo problemi enormi con i sistemi informatici dei ministeri, delle agenzie e delle autorità pubbliche: sono concepiti male, molto costosi e il più delle volte inefficienti. Considerato che gli stipendi sono miserevoli (tranne che per chi ha agganci importanti), nel sistema pubblico non ci sono, se non in casi eccezionali, tecnici informatici e manager di qualità. Di recente insieme ad alcuni amici che lavorano nel privato abbiamo risolto, praticamente gratis, una serie di problemi per i quali i consulenti abituati a fare affari con lo stato avrebbero chiesto centinaia di migliaia di euro.

Per non essere più prigioniero di queste aziende sanguisughe, lo stato romeno ha urgente bisogno dell’aiuto di tutti i professionisti seri del paese. Non è un obiettivo impossibile da raggiungere, ma serve senso civico. Protestare su Facebook va bene, ma sarebbe più utile dare un aiuto concreto al settore pubblico.

Conseguenze devastanti

Le pretese dei cittadini nei confronti dello stato sono molto alte, cosa peraltro giustissima, ma forse anche un po’ esagerate. Ci sono tante persone critiche verso il sistema. Ma quando gli viene chiesto di entrare nel sistema per cambiarlo, si tirano indietro: non vogliono accettare il “privilegio” di lavorare per lo stato giorno e notte, sempre sotto stress, e con stipendi molto più bassi di quelli a cui sono abituati.

A ben vedere, però, è normale che la classe politica non voglia la riforma dell’amministrazione pubblica. Avere dei dipendenti pagati bene, stimolati e valorizzati ridurrebbe drasticamente la corruzione. E le conseguenze per i partiti, che dipendono in buona parte proprio dalla corruzione negli appalti pubblici, sarebbero devastanti.

Il mio primo mese di esperienza al ministero è stato rivelatore. Ci sono arrivato dopo aver passato tre mesi e mezzo nel gabinetto del primo ministro a lavorare in un gruppo con le persone più capaci che abbia mai conosciuto. Ogni giorni mi sentivo speciale, perché tutti i colleghi che mi stavano intorno sapevano cose che anch’io avrei voluto conoscere.

Al ministero ho trovato una situazione completamente diversa: mi sono subito sentito come all’asilo. Anzi, per essere più chiaro, come un bambino zingaro all’asilo. Agli altri funzionari sono stato presentato come il sottosegretario “che ci aiuterà con i rom e con le ong”. Tradotto, e confermato da esperienze successive, “uno zingaro che sta qui perché non sa cosa fare a casa, ha bisogno di mangiare anche lui e deve infiocchettare il curriculum”.

Si lavora parecchio ma in modo estremamente inefficiente

Ovviamente non sono stato mandato al ministero per questo. Dovrei occuparmi d’inclusione sociale e affari europei, se non altro perché nel settore ho competenze certificate dalla Commissione europea, grazie a un percorso difficile e a tanti anni di lavoro, e perché sono l’unico sottosegretario che parla correntemente un’altra lingua oltre al romeno. È vero, non ho nessun legame con la politica, ma questo non dovrebbe essere un ostacolo.

Per poter essere formalmente operativo, tuttavia, dovevo avere una delega ministeriale, che non è arrivata per settimane: la signora ministra non ha avuto tempo di firmarla. Nell’arco di un’ora, invece, ho ricevuto il mandato a occuparmi del dossier più difficile, quello dei profughi, che pendeva minacciosamente sulla testa della ministra ed era troppo rischioso per qualunque altro dirigente.

Quando si è trattato di rilasciarmi un documento particolarmente delicato, la ministra non ha firmato. Del resto lo capisco, non si può avere fiducia così facilmente di chiunque. Nonostante al governo non ci sia nessuno con la mia esperienza in fatto di profughi, per mesi non sono riuscito ad avere accesso a documenti senza i quali non posso fare praticamente nulla. Di fatto ho una delega, ma non posso svolgere il mio lavoro.

Sulla strada della santificazione

I problemi sistemici sono molto gravi. Anche se i dirigenti si lamentano della scarsa preparazione dei dipendenti dei ministeri, tutti ricevono sempre valutazioni “molto positive”. Si lavora parecchio ma in modo estremamente inefficiente. È un sistema quasi bloccato, che non può essere cambiato in qualche mese. Per avere una maggioranza parlamentare che voglia fare le riforme ci vorranno almeno tre o quattro anni, a essere realistici.

Da quando abbiamo avviato il pacchetto antipovertà, la principale opposizione è venuta proprio dal ministero a cui sono stato assegnato. La signora ministra sosteneva che non bisogna parlare di povertà, ma di benessere. Insomma, non ci sono persone a rischio povertà, ma persone avviate verso il benessere. Buono a sapersi, la cosa mi tranquillizza. In pratica, seguendo la stessa logica, io sono sulla strada della santificazione, e non rischio di essere riempito di fango da quelle brave persone che sono i giornalisti di certi talk show.

Nell’ultimo periodo, però, le cose sono migliorate drasticamente. In particolare con la ministra. La delega è stata firmata.

(Traduzione di Mihaela Topala)

Questo articolo è stato pubblicato dal settimanale romeno Dilema Veche.

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