16 giugno 2016 17:18

Ho incontrato Traian Băsescu, presidente della Romania dal 2004 al 2014, tre volte. In una di queste occasioni ha spiegato alle persone che aveva di fronte, tra cui c’ero io, che gli zingari si riconoscono facilmente perché “hanno i palmi delle mani gialle, come quelle di Ilie Năstase (famoso tennista degli anni settanta)”

Ho pensato che fosse un’idea geniale e che la Romania avesse bisogno di più esperti come il presidente, considerato che a ogni censimento il numero dei rom è sempre sottostimato. Quando nel 2007 Băsescu ha dato della “zingara puzzolente” a una giornalista, l’ho criticato violentemente. Allora alcune centinaia di oppositori del presidente e di attivisti per i diritti umani, me compreso, hanno gridato la loro indignazione sui social network e via email, scrivendo che ci si doveva radunare davanti al palazzo presidenziale di Cotroceni per protestare. Io ci sono andato. Pioveva un po’. C’erano molti più giornalisti in cerca di scoop che manifestanti. In totale eravamo otto. Evidentemente il pregiudizio secondo cui noi rom siamo allergici all’acqua vale anche per gli attivisti hipster.

L’ipocrisia della società civile

Tornando a casa ho pensato, per la prima volta, che forse ero stato troppo duro con Băsescu. Forse sono troppo propenso ad affibbiare l’etichetta di razzisti ai politici che – è innegabile – ragionano con preconcetti e stereotipi e dicono o scrivono idiozie, mentre invece sono troppo indulgente con la corruzione e l’ipocrisia di buona parte della società civile, cioè i miei amici.

Mi sono ricordato di un episodio di quand’ero adolescente: alcune ragazze tedesche mi sorridevano con la bocca che gli arrivava alle orecchie guardandomi giocare a basket. Ero convinto di piacergli: giocavo bene, ero più o meno l’unico a non sembrare colpito dall’itterizia, tranne ovviamente per i palmi delle mani, credevo di essere molto intelligente ed ero certo che la cosa fosse evidente a tutti. In realtà le ragazze ridevano perché al posto dei pantaloncini corti indossavo i miei migliori boxer, che avevo comprato in un negozio di seconda mano a Craiova. L’ho capito solo qualche anno dopo, quando ho realizzato che i boxer non sono fatti per sostituire i pantaloni corti…

Siamo indulgenti con le idiozie dei nostri amici, ma agli sconosciuti non perdoniamo mai niente

Troppo spesso sono stato un idiota perché non mi rendevo conto che applicavo due pesi e due misure. Dovrei essere altrettanto aperto all’idea che le persone intorno a me possono imparare dai propri errori e provare a essere migliori, almeno quanto sono indulgente con le idiozie mie e dei miei amici.

Il mio primo viaggio in aereo è stato traumatico. Era più o meno all’inizio degli anni novanta. Mamma mi aveva preparato una torta, dei panini con il maiale, della carne conservata sotto grasso, dei ciccioli e due pagnotte: il tutto messo in una busta di plastica decorata con immagini di ragazze sexy. Il viaggio fino a Bucarest è andato bene. I problemi sono cominciati appena ho messo piede in aeroporto. Avevo addosso l’intero patrimonio della mia famiglia, in tutto 76 marchi tedeschi, che tenevo in una tasca nascosta, cucita da mia madre nelle mutande. Non si sa mai come i tedeschi ti possono fregare… In aeroporto una bottiglia d’acqua costava circa tre marchi. Comprare qualcosa da mangiare mi sarebbe costato addirittura dieci marchi.

Sull’aereo mi sono seduto tra una signora elegante e un signore che immaginavo fosse tedesco. Ho rifiutato il pranzo offerto dalle hostess, pensando che sarebbe stato perfino più costoso che in aeroporto. Per lo stesso motivo, non ho preso né l’acqua né il succo di frutta. Dalle buste che sembravano già sporche e unte, ho tirato fuori il dolce e i panini, incartati in fogli di giornale impregnati di grasso. Un panino è caduto sulla signora seduta accanto a me. Per quanto riguarda l’acqua, ho bevuto dalla mia bottiglia: era calda, ma almeno era sicuramente gratis. Ero convinto di aver risparmiato un sacco di soldi.

Sistema di valori

Qualche anno fa, su un aereo che stava per decollare, mi sono ritrovato a storcere il naso schifato davanti a un ragazzo scuro di carnagione, che era seduto accanto a me: odorava di sudore, mangiava roba nauseante e parlava ad alta voce al telefono. In quel momento mi sono ricordato della signora elegante del mio primo viaggio in aereo: mi aveva sorriso e mi aveva restituito il panino unto che le era atterrato sulle gambe, augurandomi buon appetito. Il signore che io credevo tedesco aveva invece assunto un ghigno disgustato e si era voltato verso il finestrino, come se avessi avuto la rogna. Quando non ero stato in grado di slacciare la cintura di sicurezza, aveva imprecato. Era romeno.

Ognuno di noi vive in uno stato di continuo cambiamento, tutto ci trasforma

Anche se da allora erano passati quindici anni, mi sono stupito di ritrovarmi nel ruolo del “tedesco”. Così ho cominciato a parlare con il ragazzo accanto a me. Era il suo primo viaggio in aereo: stava andando a lavorare nell’edilizia in Germania. Era spaventato da quello che avrebbe trovato. Ho cercato di rassicurarlo.

Credo che ognuno di noi viva in uno stato di continuo cambiamento. Consapevolmente o meno, tutto ci trasforma: quello che ci succede, quello che leggiamo, quello che sentiamo, le persone con cui interagiamo. Se in meglio o in peggio, dipende dal sistema di valori di ognuno.

Alla fine Traian Băsescu ha chiesto pubblicamente scusa per le deportazioni nei campi di sterminio della Transnistria, durante la seconda guerra mondiale. Non so se l’ha fatto perché ha avuto una rivelazione interiore, simile a quella che è capitata a me, o semplicemente per fare un gesto simbolico. Preferisco credere alla prima ipotesi. E non perché mi piaccia particolarmente Băsescu (non mi piace affatto) o perché mi senta un uomo di buoni sentimenti. Si tratta di una cosa molto più pragmatica. Spero che anche le persone che si sono scontrate con la mia villania pensino che con il tempo mi sono sforzato di cambiare e migliorare non perché avevo qualcosa da guadagnarci, ma perché avevo imparato dai miei errori.

(Traduzione di Mihaela Topala)

Questo articolo è stato pubblicato dal settimanale romeno Dilema Veche.

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