21 novembre 2014 17:13

Un notte Huda Hadi, 47 anni, si è svegliata perché ha sentito suo figlio Murad, cinque anni, che gridava: “Mamma, mamma! Tieni su il muro!”. Quando il bambino si è svegliato dall’incubo, le ha raccontato di aver sognato un’esplosione così forte da scuotere i muri della loro casa, che stavano per cadergli addosso. Poco tempo prima Murad aveva assistito all’esplosione di un’autobomba mentre andava all’asilo. Da quel giorno si spaventa ogni volta che sente un suono forte, diventa pallido in volto e gli trema la voce.

Altre madri hanno problemi simili. Nadia Mahmoud, 35 anni, mi ha detto: “Ogni mattina faccio una gran fatica a convincere mia figlia di sette anni ad andare a scuola, anche se è a soli cinque isolati di distanza da casa nostra. Ha sempre paura di non trovare più me o mio marito al ritorno. Vuole sempre stare con noi a casa”.

Il 40 per cento degli iracheni ha meno di dodici anni. Molti di loro hanno assistito a scene orribili dal vivo o sui mezzi d’informazione. Spesso si scambiano immagini macabre con i telefonini. “Sono rimasta sconvolta quando ho trovato le foto dei massacri del gruppo Stato islamico sul telefono di mia figlia. È sempre spaventata da questo tipo di immagini”, mi ha detto Nadia. Un attivista della società civile che segue i bambini segnati dalle violenze mi ha raccontato che molti si sentono insicuri e minacciati, e vedono in ogni estraneo un possibile rapitore o assassino.

(Traduzione di Francesca Sibani)

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