28 novembre 2014 17:41

“Oggi è già la quinta casa. Ne abbiamo ancora tre da visitare”. Marwan, 23 anni, ha organizzato insieme ad altri due volontari una raccolta di brande, coperte, vestiti pesanti e cose da mangiare per gli sfollati delle città irachene cadute sotto il controllo del gruppo Stato islamico. I tre ragazzi vengono da Al Mansur, uno dei quartieri più ricchi di Baghdad, non sono iscritti a nessun partito e non collaborano con le ong, ma hanno deciso di lanciare una campagna per conto loro. Chiedo a Marwan cosa li abbia spinti. “È nato tutto per caso”, mi risponde. “Un giorno siamo andati a trovare uno dei nostri compagni di università che era scappato da Ramadi. Siamo rimasti sconvolti quando abbiamo visto quant’è difficile la vita nel campo profughi”.

Dopo le forti piogge le tende si erano riempite d’acqua. I bambini portavano ancora vestiti leggeri. Per raggiungere i bagni le donne sprofondavano nel fango. Due bambini piccoli erano già morti per il freddo e le malattie. “Nello stesso campo abbiamo visto arrivare nuovi profughi. Questi però erano bruciati dal sole, sembravano dei fantasmi. Portavano in braccio i loro bambini esausti e raccontavano storie terribili su quello che avevano dovuto sopportare per colpa dei miliziani dello Stato islamico”.

Come Marwan e i suoi amici, ho deciso di fare qualcosa per i due milioni di profughi iracheni che conducono una vita così misera. La casa della mia famiglia è diventata una delle 45 abitazioni di Baghdad che vengono usate come magazzini per gli aiuti da portare nei campi. I ragazzi passano una volta a settimana e caricano le cose che servono ai profughi. Secondo Marwan ci sono almeno altri quindici gruppi che portano aiuti agli sfollati in vista dell’inverno. Quando hanno visto Marwan che caricava il suo suv, alcuni ragazzi che abitano nella nostra strada si sono avvicinati per chiedergli se potevano aiutarlo. Mentre partiva in fretta e furia, lui gli ha risposto: “Preparatevi per la prossima volta”.

(Traduzione di Francesca Sibani)

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