19 dicembre 2014 17:38

Il 18 dicembre i sunniti iracheni hanno organizzato un’importante conferenza a Erbil. Politici, esperti e leader tribali si sono incontrati per decidere l’atteggiamento da adottare nei confronti del primo ministro Haider al Abadi e la sua campagna contro il terrorismo e l’estremismo islamico.

L’incontro, come ha scritto il giornalista Walid Ibrahim, è stato un tentativo “di dimostrare che i sunniti iracheni sono uniti di fronte alla minaccia del gruppo Stato islamico”.

Durante la conferenza sono emerse tre diverse linee. I leader tribali che avevano partecipato alle manifestazioni contro l’ex premier Nuri al Maliki si sono rifiutati di cooperare direttamente con il nuovo governo (filosciita) e hanno chiesto la mediazione degli inviati statunitensi. I politici sunniti, tra cui il vicepremier Usama al Nujaifi, erano preoccupati per il ruolo svolto dalle milizie di volontari sciiti nella lotta contro il gruppo Stato islamico e vorrebbero che fossero i combattenti sunniti a liberare le loro città dai jihadisti. Altri, tra cui ex ufficiali dell’esercito, hanno fatto notare che la cosa più importante è creare un esercito nazionale dove non ci siano divisioni settarie.

Nonostante le divergenze di opinioni, i partecipanti erano d’accordo su un punto: lo Stato islamico è il pericolo più grande nei loro territori, soprattutto dopo le notizie dei massacri compiuti tra i gruppi tribali. L’unica nota di ottimismo è stato il giudizio sulla politica di riconciliazione lanciata dal nuovo primo ministro, che sta dimostrando di essere più capace del suo predecessore.

Resta il fatto che molti esponenti politici sunniti di primo piano, tra cui il presidente del parlamento Salim al Jubouri, hanno boicottato la conferenza. Sette leader tribali hanno accusato gli organizzatori di essere manovrati dal governo sciita. In definitiva, l’incontro ha dimostrato che la comunità sunnita dell’Iraq non ha ancora una leadership forte e unita.

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