06 maggio 2015 11:43

Alla fine di un reading di poesie al Sindacato degli scrittori di Baghdad nessuno parlava delle opere appena lette. Perfino l’autore aveva lasciato perdere i suoi versi. L’argomento di discussione era la divisione dell’Iraq.

L’incubo era stato evocato dalla notizia che la commissione difesa del congresso statunitense avrebbe raccomandato nella bozza della legge sulle spese militari di riconoscere degli stati separati per i curdi e i sunniti, a cui versare almeno il 25 per cento dei 715 milioni di dollari di aiuti statunitensi inizialmente destinati al governo iracheno per la lotta contro il gruppo Stato islamico. Nella bozza ci sarebbe scritto inoltre che questa percentuale potrebbe salire al 60 per cento. Queste notizie hanno fatto schizzare alle stelle la pressione sanguigna degli iracheni, come se la divisione del paese fosse diventata ormai una cosa reale.

“Ma è una realtà”, ha detto Hamid Qasim, 52 anni. “Non è una novità. Il paese è già diviso in almeno tre parti. Dobbiamo accettare il fatto che ci odiamo l’un l’altro come acerrimi nemici. Meglio separati che uniti con la forza”.

“La partizione non metterà fine ai massacri. Ma sarà l’inizio di una nuova sanguinosa guerra civile tra tre stati sulla divisione delle risorse idriche, del petrolio, dei confini e chissà cos’altro”, gli ha risposto un altro.

A quel punto è intervenuto il poeta Wail Hassan, 42 anni: “Non saranno tre stati, ma tre enclave deboli. I sunniti saranno sotto il controllo dei jihadisti, i curdi sotto quello della Turchia e gli sciiti sotto l’Iran. È proprio quello che volevano i miliziani dello Stato islamico”.

L’attivista Ammar Shabender ha continuato il dibattito sulla sua pagina Facebook: “Alla fine ci renderemo conto che non è altro che la parte di un disegno più grande. Tra i cambiamenti della monarchia saudita, l’accordo tra Stati Uniti e Iran, e gli avvenimenti in Siria, noi iracheni, non importa se sciiti, sunniti o curdi, dovremo comportarci da buoni vicini o da buoni fratelli”.

(Traduzione di Francesca Sibani)

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