17 luglio 2015 16:41

La lunga maratona di negoziati tra l’Iran e il gruppo dei 5+1 (Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Germania, Russia e Cina) è stata seguita con grande interesse dagli iracheni, che si sono sentiti direttamente coinvolti nella questione. Dopo ogni tornata di colloqui, nei bar e sui social network si scatenavano dibattiti accesi, perché, come ha fatto notare un commerciante del quartiere di Karrada, a Baghdad, “i negoziati riguardavano anche la guerra contro il gruppo Stato islamico”.

Come sempre, dopo l’accordo sul nucleare raggiunto a Vienna il 14 aprile, gli iracheni si sono divisi tra ottimisti e pessimisti. In una dichiarazione ufficiale il governo di Baghdad ha sottolineato che l’Iraq trarrà beneficio dall’accordo perché lo Stato islamico è il nemico sia di Washington sia di Teheran.

I pessimisti, invece, temono che l’accordo permetterà all’Iran di intervenire ancora più facilmente nel mondo arabo, e in particolare in Iraq, attraverso i politici e le milizie alleati di Teheran. Inoltre, l’eventuale arrivo sui mercati di un nuovo flusso di petrolio iraniano danneggerà l’economia dei paesi vicini. Come ha sottolineato l’analista politico Yahya al Kurbasi, molti pensano che gli Stati Uniti abbiano privilegiato l’Iran rispetto ai loro alleati arabi.

Secondo gli ottimisti “l’accordo servirà ad allentare le tensioni. A perdere sono stati gli estremisti di entrambe le parti”, ha scritto il giornalista Mazen Alzaedy. Per il suo collega Uday Hatim “i moderati iraniani avranno finalmente l’opportunità di modernizzare la loro società in modo pacifico”. Infine lo scrittore Ahmad Saadawi, autore del romanzo Frankenstein a Baghdad, ha commentato: “È vero: Stati Uniti e Iran sono due ‘satana’. Ma che male c’è se fanno un accordo pacifico?”.

(Traduzione di Francesca Sibani)

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it