26 novembre 2012 09:00

Nelle colline di Himrin, a sud di Kirkuk, due eserciti sono schierati uno di fronte all’altro. La strada che porta verso nord è stata chiusa tre volte in un giorno per permettere il passaggio dei veicoli militari, ma alla fine la delegazione degli scrittori arabi è riuscita a raggiungere Erbil, la capitale della regione autonoma del Kurdistan, per partecipare a una conferenza sul ruolo degli assiri nella cultura irachena.

La tensione tra il governo centrale e quello del Kurdistan ha superato ormai il livello di guardia. Gli abitanti che vivono da un lato e dall’altro del confine temono che scoppi una nuova guerra civile. Quindi durante la conferenza si è finito per parlare di questa situazione quasi più che degli assiri.

Ecco uno scambio a cui ho assistito tra uno scrittore arabo e uno curdo: “Anche se il conflitto si limitasse ad alcuni scontri sporadici, finirebbe per alimentare l’odio tra i due popoli”. “I due leader non si rendono conto di quello che fanno”. “No, si rendono conto benissimo, ma non gli importa dei massacri. L’unica cosa che gli interessa è aumentare i consensi in vista delle prossime elezioni”.

“Siamo qui a parlare di letteratura mentre una nuova guerra potrebbe scoppiare da un momento all’altro. Forse dovremmo andare al confine con dei ramoscelli d’ulivo per chiedere la pace”. “E gridare tutti insieme che non vogliamo la guerra”. “Ma anche la nostra conferenza è importante. Eccoci qui riu­niti, curdi e arabi, a parlare di poesia e di pace”.

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