12 febbraio 2013 15:31

La proposta di istituire un ministero della creatività vi sembra bizzarra? Interessante? Utile? Assurda e controproducente? Comunque vi appaia, e anche se il tema delle imprese culturali e creative continua a essere assente da questa – brutta – campagna elettorale, di certo l’idea del ministero non spunta dal nulla come un fungo.

Eccolo, il motivo: l’Unione europea ha di recente presentato un

piano strategico di valorizzazione delle industrie culturali e creative, che individua nella creatività e nella cultura elementi fondamentali di identità e di crescita economica.

Del peso economico di questo comparto in tutta Europa (3,3 per cento del pil dell’Unione, 6,7 milioni di occupati, con una forte presenza di giovani), del fatto che continui a svilupparsi anche in tempi di crisi, del pessimo utilizzo italiano dei fondi strutturali europei e del totale disinteresse nazionale per il tema abbiamo già parlato qualche tempo fa: i dati sono impressionanti. Se non li avete intercettati vi consiglio di dare un’occhiata.

Ora al piano strategico dell’Unione europea fa seguito il progetto-quadro Europa creativa: quasi un miliardo e mezzo di euro da stanziare tra il 2014 e il 2020. Ed ecco: spunta l’idea di istituire un ministero. Ne parlano Sinistra e libertà, il giornalista Ernesto Galli della Loggia, l’economista Flavia Barca.

Ho pubblicato su Nuovoeutile diverse altre fonti indispensabili per farsi un’idea dello stato del dibattito. Qui di seguito riassumo in uno schema le posizioni emerse a commento del post.

1) ****Sì, facciamolo. Un ministero può servire a mettere ordine in materie complicatissime sotto il profilo legislativo: ordinamento del lavoro, diritto d’autore, eliminazione del precariato, agenda digitale… magari per acquisire i diritti di progetti innovativi e avviarne lo sfruttamento. Si potrebbe anche ridisegnare l’attuale ministero dei beni culturali individuando diverse aree di attività, e mettendoci persone che, auspicabilmente, conoscano il peculiare funzionamento dei vari settori.

Ci vuole, in ogni caso, una centralità strutturale e finanziaria: la sinistra riformista, in tutta Europa, se ne rende conto. Nichi Vendola sa bene che l’Europa non parla più di cultura, ma di creatività: in Puglia siamo avanti.

2) Facciamo qualcosa, ma non un ministero. La creatività non dovrebbe essere materia di “un” ministero, ma una peculiarità di tutti i ministeri, dall’istruzione all’industria, se questi fossero effettivamente orientati alla soluzione di problemi per i cittadini. Bisognerebbe invece istituire una struttura capace di facilitare la produzione creativa (per esempio, un portale gratuito per far incontrare domanda e offerta) e l’accesso ai bandi europei: è quanto, per l’agricoltura, fanno i Gal.

Ma anche il modello territoriale delle film commission può funzionare. Inoltre: cerchiamo di sostenere le imprese, sia non profit sia profit, che già lavorano in ambito culturale e creativo. Ora il profit non accede ai bandi ed è penalizzato.

3) Occupiamoci d’altro. Come facciamo a mettere in piedi un nuovo ministero se non sappiamo neanche, come paese, cos’è la creatività? Se già la nostra scuola non fa altro che omologare gli studenti? Perché dobbiamo sempre pensare di risolvere i problemi dall’alto? Mettiamo in pista la banda larga, invece, controlliamo che le gare d’appalto non siano truccate e garantiamo i diritti minimi di chi lavora in questo settore.

4) Per carità, è una pessima idea. Un ministero non sarebbe che l’ennesima occasione per alimentare una pletora di burocrati-parenti-parassiti. Ci abbiamo già provato con Sviluppo-Italia e non ha funzionato: soldi agli amici degli amici e niente di fatto. In realtà, l’idea di un ministero è una boiata pazzesca: la creatività è un’attività trasversale e non può essere ingabbiata. È stata, anzi, spesso demolita dall’ottusità dei ministeri: si veda il caso Olivetti, che avrebbe potuto essere la Apple italiana.

Ora vorrei raccogliere punti di vista e suggerimenti anche qui, tra i lettori di Internazionale. Stiamo parlando di un comparto frammentatissimo, del tutto eterogeneo (per intenderci: dai musei al web; dal teatro alla fotografia, dalla musica alla pubblicità, al cinema, all’editoria, all’organizzazione di festival e grandi eventi…), fragile, liquido, in larga parte destrutturato. Oggettivamente difficile da mettere a sistema, ma assolutamente strategico.

Non so se e quanto un ministero può servire: so per certo, invece, che sarebbe insensato perdere, per superficialità e distrazione, anche questa nuova opportunità europea. E so che è indispensabile continuare a parlarne e raccogliere idee, anche in rete. Dunque, che ne pensate?

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