26 agosto 2013 12:32

La crisi siriana è ormai arrivata a una svolta che può essere riassunta in tre parole. “Sì, è possibile”, si diceva ieri in tutte le capitali occidentali, e in effetti adesso è possibile che l’Europa e gli Stati Uniti adottino delle misure di ritorsione contro il regime di Damasco, dopo che quest’ultimo ha utilizzato mercoledì scorso delle armi chimiche il cui uso è strettamente vietato dalle convenzioni internazionali.

Dopo aver chiesto di vedere delle prove, gli occidentali ritengono di averne più che a sufficienza, non solo perché le immagini parlano da sole, perché i servizi segreti ne confermano l’autenticità e perché i sintomi descritti dai medici sono assolutamente concordanti, ma anche perché lo stesso regime siriano riconosce che delle armi chimiche sono state utilizzate. Tuttavia il regime afferma che a utilizzarle sono stati gli insorti, i cosiddetti “terroristi” come vengono definiti a Damasco.

Il crimine è confermato

Gli occidentali non credono affatto che si possa accusare di questo crimine l’opposizione. “Inaccettabile”, si ripete a Parigi e, dopo aver riunito i principali responsabili diplomatici e militari degli Stati Uniti, Barack Obama si è intrattenuto con il primo ministro britannico David Cameron, che a sua volta ha parlato con il presidente francese François Hollande, che a sua volta ha parlato telefonicamente con Obama.

Il problema non è più quello di sapere se ci sarà una reazione occidentale, ma quando e come arriverà. Su questo punto si discute ancora molto, non tanto tra le capitali ma in ognuna di esse, perché bisogna studiare i vantaggi e gli svantaggi di tutte le opzioni disponibili e soprattutto riflettere su cosa succederà il giorno dopo e su quelle che potrebbero essere le conseguenze regionali e internazionali di questa reazione militare degli occidentali.

Tra le scelte possibili c’è quella di fornire agli insorti delle armi molto più sofisticate di quelle attuali o di andare più lontano, cioè di procedere a dei raid mirati sulle installazioni dell’esercito siriano o di instaurare – anche se gli stati maggiori sono sfavorevoli – una zona di esclusione aerea sopra le zone di combattimento per paralizzare l’aviazione del regime.

Domenica sera non era stato ancora deciso niente. E la decisione potrebbe ancora prendere del tempo dopo che i siriani hanno finito per accettare le ispezioni dell’Onu. Inoltre i consiglieri dei leader occidentali divergono sulle conseguenze di questa reazione. Alcuni temono una reazione militare della Russia, mentre altri affermano che Mosca si limiterà a energiche proteste politiche.

Alcuni prevedono delle ritorsioni iraniane, mentre altri pensano che l’Iran rimarrà prudente perché cerca un compromesso con gli occidentali sul nucleare. In altre parole, ci sono due scuole di pensiero: una ritiene che i russi non abbiano intenzioni molto serie e che gli iraniani siano deboli; l’altra invece è più allarmista.

Tuttavia nessuno pensa che sia possibile rimanere passivi, perché se gli occidentali non reagissero a questa situazione non sarebbero più credibili. Per quanto riguarda invece l’obiettivo finale, il messaggio è chiaro a tutti: costringere Damasco a fare delle vere concessioni.

(Traduzione di Andrea De Ritis)

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