09 ottobre 2013 07:00

Per il momento è soltanto una possibilità. Ma tra otto giorni, al termine dei negoziati di Ginevra tra l’Iran e le grandi potenze, capiremo se ci sarà davvero un compromesso sul nucleare e una conseguente cancellazione delle sanzioni economiche che soffocano la repubblica islamica. In ogni caso è bastata l’ipotesi realistica di una soluzione a far venire l’acquolina in bocca agli investitori e a tutti i paesi che potrebbero ritornare sulla scena iraniana.

Il motivo è semplice. L’Iran potrebbe diventare presto una sorta di Eldorado. Nonostante sia alle prese con un’inflazione galoppante e tagliato fuori dagli scambi commerciali a causa delle sanzioni derivate dalla sua corsa alla bomba atomica, l’Iran è virtualmente ricco, immensamente ricco. Grande tre volte la Francia e popolato da 80 milioni di persone, il paese abbonda di gas, petrolio, cultura, imprenditori privati e giovani istruiti.

L’Iran è un paese che ha bisogno di tutto, dai beni di consumo alle nuove infrastrutture, passando per un’indispensabile modernizzazione delle industrie petrolifere e del gas. Un’eventuale apertura permetterebbe di firmare contratti a grappoli, ed è per questo che le multinazionali preparano le loro offerte inviando emissari a Teheran, mentre le imprese iraniane e stranieri riprendono a dialogare nel Golfo. La Francia intanto ha deciso di rafforzare la sua presenza diplomatica e i suoi servizi commerciali nella capitale iraniana, e martedì il Regno Unito ha paventato la ripresa delle relazioni diplomatiche con l’Iran. Oggi nessun paese o esportatore vuole correre il rischio di restare indietro in un mercato così promettente.

Ma quali sono le chance di arrivare davvero al compromesso sul nucleare, indispensabile per realizzare queste aspirazioni? Il regime iraniano ne ha un grande bisogno, perché non può continuare a rischiare il fallimento economico e la rivolta sociale ingannando una popolazione che alle presidenziali di giugno ha scelto Hassan Rohani perché era l’unico candidato ad aver promesso di dare la priorità alla normalizzazione delle relazioni con le grandi potenze. Da un lato il regime e la sua Guida suprema, il conservatore Ali Khamenei, non possono contrastare la volontà di apertura di Rohani senza correre grandi pericoli economici e politici, ma dall’altro un compromesso sul nucleare e la cancellazione delle sanzioni rafforzerebbero enormemente Rohani e i riformatori che lo sostengono.

Se i conservatori lasceranno il nuovo presidente libero di riportare l’Iran all’interno della comunità internazionale, il paese avrà una forza di attrazione economica e politica tale che il regime sarà costretto a cambiare. Se invece si metteranno di traverso, andranno incontro a un indebolimento progressivo. La teocrazia iraniana, insomma, è alle prese con un dilemma. I mercati, comunque, scommettono forte sull’apertura.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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