25 novembre 2013 07:00

Qualcuno può finalmente esultare, mentre per altri è il momento dell’inquietudine. I conservatori iraniani sono chiaramente i primi a essere scontenti dell’accordo tra Teheran e le grandi potenze, raggiunto domenica prima dell’alba.

Dopo aver perso al primo turno delle presidenziali di giugno contro un moderato, Hassan Rohani, sostenuto dall’elettorato riformatore, i conservatori devono affrontare un nuovo problema, ben più grave. L’accordo di Ginevra, infatti, è stato accolto con grande sollievo dalla popolazione iraniana, perché favorisce il riavvicinamento con gli Stati Uniti e l’Europa, riduce le tensioni militari sulla questione del nucleare e permette la cancellazione di alcune sanzioni economiche.

I forum online e le parole di persone contattate domenica a Teheran trasudano entusiasmo, e il popolo iraniano riconosce il merito del successo al nuovo governo. Moderati e riformatori esultano, e persino la Guida suprema e il Parlamento (dominato dai conservatori) non possono far altro che applaudire l’operato dell’esecutivo. Sulla scena politica iraniana i rapporti di forza sono radicalmente cambiati, a detrimento delle correnti più radicali del regime.

Tra gli scontenti ci sono anche le monarchie petrolifere e gli altri paesi sunniti del mondo arabo, perché se l’accordo provvisorio sfocerà tra sei mesi in una soluzione definiva della questione nucleare e nella cancellazione di tutte le sanzioni economiche, l’Iran sciita diventerà rapidamente la prima potenza del Medio Oriente, grazie alle sue immense risorse naturali e al suo elevato livello culturale. Come i sunniti, anche gli israeliani hanno tutte le ragioni per preoccuparsi. Nel fine settimana, infatti, è arrivata la conferma che quando gli interessi Israele (o almeno la sua personale concezione di essi) non coincidono con quelli degli Stati Uniti, l’influenza dello stato ebraico sulla politica americana è ormai nulla.

Passiamo ai vincitori. Il primo è senza dubbio Barack Obama, che fin dalla suo primo mandato si è impegnato a smorzare la tensione con Teheran e a evitare una nuova guerra, scommettendo sul ruolo stabilizzante di un Iran senza la bomba e reintegrato nella comunità internazionale. L’obiettivo del presidente americano non è ancora raggiunto, ma siamo sulla buona strada. Il secondo vincitore è l’Europa, perché è stata proprio Lady Ashton, capo della diplomazia Ue, a negoziare l’accordo a nome delle grandi potenze, con una competenza che ormai tutti le riconoscono.

Il terzo vincitore è la Francia, che ha corso un grande rischio rifiutando un accordo di minima (per poi contribuire a migliorarlo) e che nel frattempo ha rimesso piede in Medio Oriente consolidando i rapporti con i paesi sunniti e con Israele. Il quarto vincitore, infine, è la pace. L’accordo è infatti la prima tappa sul cammino del compromesso, chiaramente preferibile al bombardamento delle strutture iraniane.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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