04 dicembre 2013 07:00

La Francia ha deciso di investire in Africa con un nuovo progetto dalle grandi ambizioni. Mentre si prepara a intervenire in Repubblica Centrafricana al fianco delle truppe panafricane e sotto mandato dell’Onu, Parigi riunisce 500 uomini d’affari francesi e africani per parlare di cooperazione economica, prima di accogliere quaranta leader politici di un continente in crescita per un vertice dedicato alla sicurezza.

Questa settimana, insomma, l’Africa è in visita nella capitale francese. I due appuntamenti rappresentano un successo eclatante per la Francia, la cui immagine sull’altra sponda del Mediterraneo è stata a lungo negativa. Per anni (e non a torto) la Francia è stata infatti considerata dai paesi africani come una potenza neocoloniale, i cui soldati proteggevano dittatori fedeli agli interessi di Parigi o contribuivano a sostituirli con altri vassalli quando diventavano indifendibili. La presenza della Francia in Africa ha poggiato su una rete occulta di connivenze inconfessabili, ma la situazione è cambiata radicalmente lo scorso gennaio.

L’intervento francese in Mali, organizzato in meno di tre giorni, ha segnato una rottura evidente. Auspicato da tutto il paese, l’aiuto dei francesi ha salvato il Mali dalle mire dei jihadisti che volevano impadronirsi della capitale, ha permesso l’organizzazione di elezioni libere a tempo di record e ha scongiurato la destabilizzazione del Sahel. Per questo motivo l’azione di Parigi è stata applaudita da tutto il continente e dall’Unione africana. I paesi francofoni, anglofoni e lusofoni hanno prontamente ringraziato la Francia, che ha subito capito di potersi giocare nuovamente le sue carte nel continente nero.

Più di ogni altra potenza esterna, la Francia ha una conoscenza profonda dell’Africa, con cui non ha mai tagliato i ponti dopo la decolonizzazione. Grazie all’evoluzione demografica del continente, il francese è sempre più parlato, e le élite politiche, economiche e culturali dell’Africa francofona continuano a prestare molta attenzione a ciò che accade a Parigi. Dopo le continue ingerenze del passato, oggi i soldati francesi di stanza nel continente hanno la possibilità di ricoprire un nuovo ruolo nella stabilizzazione e nella risoluzione delle crisi.

In un momento in cui l’Unione africana tende a dotarsi di forze panafricane d’intervento rapido e tutela della pace, la Francia ha scelto di mettere i suoi soldati a disposizione non più dei capi di stato ma di tutto il continente, della sua Unione e delle organizzazioni regionali, con compiti di formazione, addestramento ed eventualmente di appoggio sul campo.

Questo nuovo approccio è stato accolto con entusiasmo, anche perché finora nessun altro paese ha proposto niente del genere. Anche per questo la Francia può diventare l’alleato non più di un suo protettorato ma di un continente intero, il cui tasso di crescita medio è del 5 per cento. In Africa c’è molto da fare, soprattutto per quanto riguarda le infrastrutture, campo in cui le imprese francesi eccellono.

Il piano di Parigi è chiaro: proteggere la sicurezza dell’Europa garantendo quella dell’Africa, e nel frattempo stringere legami politici dalle ripercussioni economiche estremamente proficue per il mercato del lavoro francese.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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