13 febbraio 2014 07:00

In questi giorni un conflitto vecchio di quarant’anni sembra molto vicino alla soluzione, grazie a un enorme tesoro che ha improvvisamente spinto le parti in causa verso la pace. Ma facciamo un passo indietro.

Siamo nel 1974, e mentre ad Atene la dittatura dei colonnelli si indebolisce, sull’isola di Cipro, indipendente dal Regno Unito dal 1960, continuano le tensioni tra la maggioranza greca (circa l’80 per cento della popolazione) e la minoranza turca.

I ciprioti greci più estremisti chiedono la riannessione dell’isola alla Grecia, mentre i colonnelli lasciano intendere che potrebbero tentare di riconquistare Cipro trasformando la lotta dell’isola in una causa nazionale. Il 5 luglio il presidente cipriota viene deposto, e le truppe della Turchia sbarcano immediatamente nel nord dell’isola. Il regime dei colonnelli cade il 23 luglio, e una settimana dopo viene tracciata una linea di demarcazione che presto segnerà il confine tra due stati.

Da allora gli innumerevoli tentativi di trovare un compromesso sono regolarmente naufragati, e nel 2004, dopo l’ennesimo fallimento diplomatico, soltanto la Repubblica di Cipro (la parte greca dell’isola) è entrata a far parte dell’Unione europea. Così una soluzione provvisoria è diventata quasi definitiva, fino a quando, ai giorni nostri, il profumo del gas ha cambiato tutto.

I giacimenti di gas tra le coste di Cipro e Israele (e di un futuro stato palestinese), di cui da tempo si supponeva l’esistenza, si sono infatti rivelati enormi, tanto da poter cambiare l’economia dei paesi coinvolti ma anche quella dell’Unione, che grazie alle nuove risorse potrebbe allentare la sua dipendenza energetica dalla Russia.

In fondo al mare c’è un tesoro, ma senza una soluzione della vicenda cipriota sarà molto difficile sfruttarlo. Ankara, infatti, non intende permettere che i ciprioti greci e gli israeliani (i cui legami sono già stretti) si spartiscano questa fortuna tagliando fuori la Repubblica turca di Cipro del nord e anche la stessa Turchia, naturale punto di passaggio del gas verso l’Europa.

I primi tentativi di esplorazione dei giacimenti sono già stati ostacolati dall’intervento della marina turca, in un conflitto che ha tutti gli ingredienti per diventare una classica guerra d’interesse proprio mentre i ciprioti greci, rovinati dalla crisi bancaria della primavera del 2013 e sotto tutela dell’Ue, avrebbero un gran bisogno di assegnare alla svelta i permessi di sfruttamento dei giacimenti per risollevare la propria economia.

Il denaro è lì, sotto le onde, e improvvisamente una questione in sospeso dall’epoca dei colonnelli impallidisce davanti ai vantaggi del compromesso per tutti i ciprioti ma anche per Israele, per il bilancio dell’Unione europea e per la Turchia, che non dovrebbe più scontrarsi con il veto dei ciprioti greci al suo ingresso nell’Ue. Inoltre una soluzione pacifica migliorerebbe anche i rapporti diretti tra Israele e la Turchia, attraverso la quale i ciprioti riuniti e gli israeliani accetterebbero di far passere i loro gasdotti.

Martedì si sono finalmente riaperti i negoziati tra le parti in causa per riunire le due entità di Cipro in un unico stato federato. Ed ecco che l’impossibile diventa più che probabile.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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