18 aprile 2014 07:00

Anche ha evitato l’ammissione di un disaccordo tra le parti che avrebbe provocato pericolose tensioni, la dichiarazione comune rilasciata giovedì da Unione europea, Ucraina, Russia e Stati Uniti non fa altro che che ratificare la realtà dei fatti: dopo l’azione di Vladimir Putin l’Ucraina è ormai un paese sotto tutela, la cui indipendenza è soltanto formale.

Mosca aveva tutto l’interesse a calmare le acque, anche perché il giorno prima era già riuscita a ottenere il controllo dell’Ucraina orientale e la certezza che Kiev non potrà più muoversi senza la sua approvazione. Un’invasione militare non avrebbe portato a nulla di meglio, e inoltre avrebbe avuto pesanti conseguenze in termini economici e diplomatici. Dal canto loro i leader ucraini, senza più un esercito né un apparato statale solido, non avevano altra scelta se non quella di accettare un compromesso per salvare la faccia. Quanto agli occidentali, poco inclini a rompere i rapporti commerciali con Mosca e per nulla intenzionati a scatenare una guerra, erano disposti a tutto pur di ottenere un accordo tra Ucraina e Russia.

La Crimea, naturalmente, era fuori discussione, e in ballo c’erano esclusivamente il ritorno all’ordine e le riforme costituzionali, il vero obiettivo della Russia. “I gruppi armati illegali dovranno essere disarmati”. Tutti i luoghi e gli edifici pubblici occupati illegalmente “dovranno essere liberati”. Sul campo saranno inviati gli osservatori dell’Osce. “Il processo costituzionale annunciato sarà trasparente e responsabile”, in modo da avviare “un ampio dialogo nazionale immediato” che coinvolga “tutte le regioni e le entità politiche”.

Ovviamente bisognerà fare in modo che la costituzione ucraina garantisca i diritti dei russofoni, e agli occhi di Mosca l’unica soluzione è la federazione dell’Ucraina. In questo modo la parte orientale del paese diventerebbe uno strumento della Russia, che non vuole l’entrata di Kiev nell’Ue e nella Nato.

Se l’accordo verrà applicato (ed è ancora tutto da stabilire), per la Russia sarà una grande vittoria. Non soltanto l’Ucraina resterà nella sua zona d’influenza, ma tutte le altre ex repubbliche sovietiche che non sono ancora entrate nella Nato scopriranno di non poter fare affidamento sugli occidentali e dovranno restare nell’orbita di Mosca, entrando nell’unione doganale voluta da Putin per ripristinare le frontiere dell’impero zarista e dell’Unione Sovietica.

L’alternativa all’applicazione del compromesso è l’ingresso delle truppe russe in Ucraina, come ha spiegato il presidente russo rispondendo alle domande di alcuni telespettatori che non hanno lesinato elogi per il suo operato. In questo senso un cattivo compromesso è molto meglio della guerra, anche perché Putin non è certo Hitler e non ha intenzione di conquistare l’Europa. Tuttavia quello raggiunto resta un compromesso fragile, dunque non è il caso di esultare.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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