29 agosto 2014 07:00

François Hollande proporrà una riunione straordinaria al vertice dell’eurozona. Lo ha annunciato giovedì prima dell’annuale conferenza degli ambasciatori francesi, che resteranno a Parigi fino a venerdì sera. Durante il fine settimana il presidente francese avanzerà la sua proposta al Consiglio europeo, l’assemblea dei capi di stato e di governo dell’Unione. La riunione alla fine si farà, perché oggi nessun governo europeo potrebbe rifiutarsi di discutere quei problemi – disoccupazione, stagnazione economica e pericolo di deflazione – che attanagliano tutti i paesi della moneta unica, Germania compresa.

L’Europa si prepara ad aprire un dibattito sui due punti che stanno più a cuore a Hollande: la necessità di massicci investimenti europei per rilanciare la crescita e l’esigenza di una “compatibilità” tra la difficile situazione economica e il ritmo della riduzione dei deficit di budget.

Sul primo punto l’accordo arriverà. In un certo senso è già acquisito, perché il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker ha promesso prima dell’estate un piano da 300 miliardi per le infrastrutture, la ricerca e le industrie del futuro, perché nessuno nega più la necessità di investimenti in Europa, perché il denaro può essere racimolato attraverso l’associazione tra il pubblico e il provato e perché il ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schäuble ha ribadito giovedì a Parigi il suo sostegno al progetto di Juncker.

Come sperano da tempo la Francia, molte capitali europee e la maggioranza del Parlamento di Strasburgo (sinistra, verdi, centro e una parte della destra) l’eurozona si deciderà finalmente ad accompagnare lo sforzo di riduzione dei deficit a investimenti intensivi per un rilancio comune. Nell’eurozona cambieranno molte cose. Gli investimenti non sono più un’idea a lungo termine, e il progetto avrà effetti immediati sull’occupazione, l’attività economica e la domanda. Nei prossimi dodici mesi una grande quantità di ossigeno verrà immessa nelle economie dell’eurozona.

Per quanto riguarda il rallentamento del ritmo della riduzione del deficit, invece, non c’è ancora un consenso. Nonostante nessuno proponga di abbandonare il riequilibrio dei conti pubblici e il rafforzamento delle competitività delle imprese (come conferma l’evoluzione della politica interna francese) la Germania e i paesi più ortodossi continuano a non fidarsi. Berlino e i suoi alleati temono la tentazione del lassismo e il rinvio a tempo indeterminato della riduzione dei deficit nazionali. Le garanzie necessarie e il consenso ancora non ci sono, ma in un modo o nell’altro arriveranno, perché ormai è chiaro che la situazione economica ci obbliga e rivedere le scadenze. Questo è un fatto assodato, ormai impossibile da ignorare.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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