08 ottobre 2014 07:00

Kobane sta per cadere. I difensori dell’importante città curda in Siria e tutti gli abitanti che non sono ancora scappati rischiano di essere massacrati dagli uomini dello Stato islamico. Eppure nessuno fa niente per aiutarli.

Kobane si trova a pochi chilometri dalla frontiera turca. Ma Ankara non si muove, anche se il 2 ottobre il parlamento ha autorizzato il governo a intervenire contro lo Stato islamico sia in Siria sia in Iraq.

La Turchia resta immobile perché salvando Kobane teme di contribuire all’affermazione di un Kurdistan siriano autonomo, come lo è da 25 anni quello iracheno. Alle prese con una forte minoranza curda all’interno delle sue frontiere, il governo turco non vuole mettere a rischio l’integrità territoriale del paese alimentando l’ambizione secolare dei curdi del Medio Oriente a potersi finalmente unire in uno stato indipendente.

Lasciare che sia commesso un crimine di massa è un’inqualificabile infamia e un’ignominia. Ed è anche un gigantesco errore storico, una colpa politica più grave del crimine in sé perché non ne conosciamo le conseguenze.

Il 7 ottobre alcuni curdi hanno occupato il parlamento olandese e quello europeo per chiedere aiuto. Inevitabilmente la popolazione curda si radicalizzerà, soprattutto in Turchia. Lo stesso giorno i curdi turchi sono scesi in piazza per chiedere ad Ankara di difendere i loro cugini siriani, ma sono stati accolti con gas lacrimogeni e violenza.

Tra la Turchia e i curdi qualcosa si è nuovamente rotto, proprio quando le parti erano vicine a un compromesso cercato per anni. Per paura di spaccarsi, la Turchia si sta dando la zappa sui piedi. Se le cose non cambieranno, il Medio Oriente e il mondo intero dovranno affrontare una ribellione curda che avranno alimentato con il loro cinismo.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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