22 ottobre 2014 12:56

È la più strana delle guerre. Occidentali e arabi, ventidue paesi in tutto, sono uniti nel tentativo di impedire ai jihadisti dello Stato islamico di costruire un vero stato sunnita a cavallo tra Iraq e Siria. I mezzi impiegati sono enormi, ma questa coalizione non ha obiettivi comuni a lungo termine e presenta limiti evidenti.

Gli aerei della coalizione devono fare attenzione a non danneggiare le infrastrutture dell’Iraq, perché il paese è già in ginocchio e il governo locale ha preteso che vengano risparmiate.

I bombardieri non dovranno nemmeno mettere a repentaglio la popolazione sunnita, perché tutti i paesi della coalizione mirano a separare le tribù sunnite dallo Stato islamico, con il quale si sono alleate solo per contrastare il governo iracheno dominato dagli sciiti.

Quanto alle truppe di terra, il loro uso è fuori discussione, perché gli occidentali non vogliono rischiare perdite e un intervento sul campo dei paesi arabi sunniti provocherebbe la reazione dell’Iran sciita e dunque una progressione del conflitto regionale.

Per questo motivo i bombardamenti della coalizione dovranno limitarsi a impedire i movimenti dei jihadisti che si mescolano alla popolazione sunnita. Questo forse basterà ad arrestare l’avanzata dello Stato islamico.

Non è poco, e per il momento questa strategia sta funzionando a Kobane. Ma fino a quando l’intervento sarà così limitato, questa guerra non potrà essere vinta.

Questa è la conclusione a cui sono giunti i rappresentanti della coalizione riuniti il 15 ottobre a Washington. I jihadisti potrebbero mettere radici in una roccaforte sunnita tra Iraq e Siria, e l’unico modo di impedirglielo sarebbe trovare un accordo sul futuro dei due paesi.

Ma siamo ancora parecchio lontani da un’intesa, perché gli obiettivi dei membri della coalizione sono molto diversi. L’Iran vuole conservare il predominio sull’Iraq e la Siria attraverso i governi controllati dagli sciiti.

Le monarchie petrolifere vogliono ridurre l’influenza iraniana sui due paesi ottenendo una larga autonomia per la minoranza sunnita in Iraq e il controllo della Siria attraverso la maggioranza sunnita.

Quanto alla Turchia, non vuole che il Kurdistan siriano si separi da Damasco risvegliando in questo modo l’indipendentismo dei suoi curdi.

Come le monarchie petrolifere, Ankara spera che i sunniti prendano il potere per ripristinare l’unità della Siria. Il Medio Oriente è un groviglio, e lo resterà ancora a lungo.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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