16 maggio 2012 12:12

Io e il mio compagno ci siamo sposati in Svizzera un anno fa. Dopo quattordici anni di fidanzamento, sei di convivenza, due figlie gemelle e un trasloco internazionale, abbiamo pensato che forse eravamo pronti a compiere questo passo.

Dopo così tanti anni insieme, ci era davvero passata la fantasia di sposarci. Ci sembrava di aver raggiunto talmente tanti risultati, che il matrimonio era chiedere troppo. E con il tempo ci eravamo anche convinti di disprezzarlo: “Che ce ne facciamo di un pezzo di carta, quando la nostra realtà è già una prova molto più grande del nostro amore e del nostro impegno reciproco?”.

Poi arrivati a Ginevra abbiamo scoperto che ci avrebbero permesso di sposarci, e allora abbiamo deciso di farlo soprattutto per le nostre figlie. E anche per il terzogenito che sarebbe nato di lì a qualche mese. “Almeno lui non lo farete nascere nel peccato”, ha commentato il mio amico Alberto.

All’inizio non volevamo dirlo a nessuno. Saremmo andati io e Manlio in municipio e avremmo sbrigato tutto con discrezione. Ma poi siamo stati convinti a fare almeno una piccola festa.

“Per le tue figlie sarà un giorno importante da ricordare”, mi ha detto il mio amico Massimo. Ora so che aveva ragione, visto che ogni volta che passiamo davanti al municipio di Ginevra, le bambine gridano: “Lì è dove si sono sposati i nostri papà!”.

E che colpo al cuore ogni volta che glielo sento dire.

Così il nostro tardivo matrimonio riparatore si è svolto il 15 luglio 2011, alla presenza delle nostre famiglie e di un po’ di amici. Devo essere onesto: nel mio rapporto con Manlio non è cambiato nulla quel giorno. Più che un inizio è stato un tributo. Una specie di Oscar alla carriera.

Ma trovarsi di fronte a un funzionario pubblico che riconosce, rispetta e sancisce legalmente il tuo rapporto sentimentale, è stata una sensazione inebriante. Come se quel tappo del “non osare l’impossibile” si fosse tolto all’istante. Oggi, la dignità che mi riconosce il paese dove vivo è qualcosa di cui non potrei più fare a meno.

Ora però non significa che tutte le coppie gay vorranno sposarsi e mettere su famiglia. Vuol dire solo che tutti devono avere la possibilità di farlo. In un superbo editoriale che uscirà venerdì prossimo su Internazionale, il giornalista Andrew Sullivan racconta come ha risposto a un attivista gay che dichiarava di rifiutare il matrimonio, perché per lui non aveva nessun valore.

“Con tutto il rispetto”, gli ha detto, ” non puoi ‘rifiutare’ il matrimonio perché non ti è mai stato offerto. Non ti permettono neanche di rifiutarlo. Io sto lottando per il mio diritto di sceglierlo e il tuo di rifiutarlo”.

La dichiarazione di Obama è stata di portata storica. E se n’è parlato talmente tanto che non credo di avere qualcosa da aggiungere. Vorrei però riportare una dichiarazione apparentemente meno importante, ma che potrebbe avere un impatto fenomenale.

Jay-Z, il rapper più famoso e stimato del mondo, ha detto di essere a favore del matrimonio gay. E lo ha fatto con parole così chiare e forti, che milioni di adolescenti e afroamericani, di cui Jay-Z è l’indiscusso idolo, non potranno non tenerne conto.

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“L’ho sempre vista come una cosa che sta tenendo il paese nel passato. Vede, quello che le persone fanno a casa loro sono affari loro. E ognuno decide di amare chi vuole, sono affari loro. Non è molto diverso dal discriminare i neri. È pura e semplice discriminazione”.

Ci sono molti opinionisti convinti che questo farà perdere voti a Obama tra gli afroamericani, in particolare ci sono dei leader religiosi neri che non sono stati contenti di questa decisione. Lei pensa che perderà dei voti?

“Penso che sia la cosa giusta da fare, che perda dei voti o no. Non è affatto una questione di voti, è una questione di persone. Quindi che questo gli costi dei voti o no, credo sia stata la cosa giusta da fare in quanto essere umano”.

Mia madre, alla fine della cerimonia dell’anno scorso, è venuta ad abbracciarmi in lacrime. Per lei, che quando avevo sedici anni si disperava per la sofferenza che avrei dovuto affrontare in quanto gay, credo sia stata la chiusura di un lungo percorso. Un percorso che, pezzo dopo pezzo, le ha mostrato che nella vita di suo figlio alla fine non è mancato proprio nulla.

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