06 dicembre 2013 16:30

Ho telefonato a un’amica fiorentina per chiederle un parere su Matteo Renzi sindaco. Mi ha detto che forse avevo scelto l’interlocutrice sbagliata perché il suo compagno, collaboratore di lunga data del Teatro del maggio musicale fiorentino, era appena stato licenziato.

Il Maggio fiorentino è, o almeno era, un fiore all’occhiello del sistema culturale italiano. Oggi ha un debito di 35 milioni di euro e, a ottant’anni dalla sua fondazione, è stato commissariato. Non ha funzionato la nomina nel 2010 da parte di Renzi dell’ultima sovrintendente, Francesca Colombo (nota fino ad allora come direttrice artistica del festival Mito SettembreMusica), assunta con il modesto stipendio di duecentomila euro all’anno, cinquantamila in più del suo predecessore. Colombo ha fatto grandi previsioni di pareggio di bilancio e addirittura di utili, ma senza successo. Quando è stata congedata, a maggio, ha convocato una conferenza stampa durante la quale si è paragonata a Sergej Filin, il direttore del Bolshoi sfregiato dall’acido.

Una nomina può andare storta, i teatri dell’opera sono in crisi in tutta Italia (ma non in tutto il mondo) e i problemi del Maggio fiorentino risalgono a molto prima dell’arrivo di Renzi a palazzo Vecchio nel giugno del 2009. Ma posso capire la frustrazione della mia amica quando vede il sindaco di Firenze che si fa fotografare in casco e giubbotto di sicurezza nel cantiere del Nuovo teatro dell’opera, nell’area dell’ex stazione Leopolda, proprio mentre, secondo le parole del commissario straordinario Francesco Bianchi, il Maggio musicale fiorentino “corre dritto verso il muro della liquidazione”. In quella visita al cantiere, il 5 settembre, Renzi ha esaltato la nuova struttura, molto fotogenica, definendola “il cuore pulsante della gestione culturale a Firenze”. Disegnato dallo studio romano di architetti Abdr, il nuovo teatro dovrebbe ospitare l’orchestra del Maggio musicale fiorentino diretta da Zubin Mehta. Peccato che in questo momento è un’orchestra sull’orlo del fallimento.

È il nuovo che avanza? È la rottamazione di un vecchio e inefficiente Maggio musicale fiorentino – su cui Renzi (sempre durante quella visita in cantiere) ha sentenziato: “Non può essere uno stipendificio”– per fare posto a un altro Maggio musicale bello e snello, in uno dei teatri “più tecnologici al mondo”? Oppure è il tentativo di spostare l’attenzione su un grande progetto contemporaneo, spendibile sui mezzi d’informazione, dato che un piccolo progetto – quello di far funzionare una vecchia fondazione musicale in crisi – si è rivelato troppo difficile e non abbastanza cool?

Non ho una risposta, perché la mia opinione su Renzi cambia dopo ogni intervista che leggo, ogni dibattito che seguo, ogni opinionista a cui chiedo un parere. E forse alla fine questo è il grande problema con Renzi. È uno, nessuno o centomila? Sono io che non riesco a capirlo fino in fondo o è lui a essere camaleontico?

L’unico appiglio

Non so quanto i precedenti di Renzi come sindaco di Firenze siano utili per valutare la sua capacità di guidare il Partito democratico e l’Italia. Ma a parte la sua militanza negli scout, il grande colpo al programma La ruota della fortuna di Mike Buongiorno nel 1994 e cinque anni piuttosto anonimi come presidente di una provincia che ora vorrebbe abolire, il curriculum di sindaco è l’unico appiglio solido che abbiamo per capire Renzi. Allora proviamo a elencare le conquiste di Matteo Renzi sindaco. La prima a essere sventolata da quasi tutti, non ultimo da Renzi stesso in un articolo scritto qualche settimana fa per la rivista della fondazione dalemiana Italianieuropei, è la pedonalizzazione di piazza del Duomo, piazza de’ Pitti e altre zone monumentali del centro storico di Firenze. “Il tutto realizzato in meno di quattro anni, con l’avversione significativa di comitati e categorie”, si vanta Renzi, aggiungendo che i fiorentini si trovano a “vivere nella città più pedonale d’Italia, con i suoi 396mila metri quadrati: 1,07 ad abitante, più del doppio della seconda città, Torino. E con 85 chilometri di piste ciclabili”.

Tutto molto bello, dice la mia amica: peccato che la sensazione di molte persone che vivono nel centro storico è che la città sia stata tagliata in due. Ed è strana l’opposizione di Renzi al passaggio del supertram T2 nelle zone pedonalizzate del centro: in altre città europee pedoni e tram convivono benissimo.

Poi ci sono gli asili nido: Renzi sostiene che nei quattro anni della sua giunta le liste d’attesa per un posto in un asilo a Firenze sono diminuite del 90 per cento. Se è così, bravo. Il terzo grande pilastro della “rivoluzione renziana” a Firenze è quello che il sindaco chiama mattone zero, ovvero l’approvazione di un piano strutturale che non consente la costruzione di cubature nuove all’interno del comune di Firenze, se non con il diritto di usufruire della metratura di edifici fatiscenti abbattuti nello stesso luogo. Bravo due volte, anche nel caso in cui avesse ragione Simone Siliani, assessore alla cultura nella giunta Domenici che ha preceduto quella di Renzi. Sul quotidiano Europa, Siliani ha scritto che il piano strutturale a volumi zero “è un caso di studio per qualche tesi universitaria in tecniche di comunicazione: ‘Come trasformare una scelta obbligata nella percezione di una scelta virtuosa’”. Obbligata o meno, è una di quelle scelte che lasciano un’eredità positiva ben oltre il mandato di un sindaco.

Eppure quel pranzo ad Arcore, quel suo “sto dalla parte di Marchionne”, quella campagna del 2012 con la regia di Giorgio Gori, quelle battute facili, quella tendenza a privilegiare le grandi linee sul dettaglio noioso, il futuro brillante sul presente scomodo, tutte queste cose mi ricordano un politico della mia terra d’origine che mi ha deluso dopo un esordio pieno di promesse. Forse Renzi non è Tony Blair. Forse ho fatto bene a votarlo alle primarie del 2012, anche se è stato più un voto contro che un voto a favore. Forse lo voterò anche questa volta. O forse no, perché la tentazione di dare la colpa ad altri quando tutto va a rotoli è forte. Forse sono diventato troppo italiano?

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