10 settembre 2013 11:07

All’inizio della sua carriera di imprenditore voleva essere ricco. Ora possiede una delle più grandi fortune d’Italia. Da uomo politico voleva il potere. Un’ambizione largamente ricompensata dalla sua triplice elezione alla presidenza del consiglio. Alla vigilia di quello che potrebbe essere il crepuscolo della sua carriera di parlamentare, Berlusconi vuole tempo. “Ancora un minuto signor boia”. Ma questa volta non è sicuro di ottenerlo.

Questa strategia è diventata evidente in occasione della prima riunione, lunedì 9 settembre, della commissione senatoriale incaricata di dare un parere sulla decadenza di Berlusconi dal suo mandato di senatore dopo la conferma da parte della corte di cassazione della sua condanna a quattro anni di prigione per frode fiscale. In base alla legge Severino, votata nel 2012 dalla destra e dalla sinistra, le persone condannate a una pena di almeno due anni di reclusione non possono rimanere parlamentari né essere eletti per sei anni. Ma sono gli stessi parlamentari ad avere l’ultima parola.

Il relatore della commissione, Andrea Augello, membro del partito di Berlusconi (Pdl), ha chiesto alla commissione composta da 23 membri di sospendere i suoi lavori a causa di tre questioni pregiudiziali di costituzionalità sulla legge Severino, tra cui un ricorso interpretativo davanti alla corte di giustizia dell’Unione europea a Lussemburgo. Per i sostenitori del Cavaliere la legge Severino non può essere applicata a Berlusconi poiché i fatti per i quali è stato condannato sono precedenti alla sua entrata in vigore.

La questione non è di poco conto. Infatti i ricorsi presentati dagli avvocati dell’ex presidente del consiglio non potrebbero essere decisi prima di molti mesi (nel caso migliore), e questo permetterebbe a Berlusconi di rimanere attaccato al suo mandato come una cozza al suo scoglio e di godere delle protezioni che ne derivano. In questo modo potrebbe continuare a minacciare ogni 48 ore di far cadere il governo qualora toccassero a uno solo dei suoi preziosi capelli.

I parlamentari del Popolo della libertà continuano a chiedere alla commissione che renda un parere giuridico e non politico; un’esigenza che per i suoi avversari, sostenitori dell’uguaglianza di tutti di fronte alla legge, sarebbe come creare un quarto grado di giudizio in favore dei soli parlamentari.

In teoria la commissione, composta in maggioranza da membri del Partito democratico (Pd) e dal Movimento 5 stelle, potrebbe rifiutare la richiesta del relatore e procedere alla sua sostituzione con un altro. In questo caso i lavori continueranno prima di rimandare il caso Berlusconi per un voto definitivo dei senatori – a scrutinio segreto – in assemblea. Il

feuilleton è appena cominciato. Secondo un ricerca dell’Istituto Piepoli pubblicato questa settimana, il 66 per cento degli italiani non sarebbe scontento se si smettesse di evocare in ogni momento il rischio di far cadere il governo di Enrico Letta. E noi anche.

(Traduzione di Andrea De Ritis)

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