18 aprile 2014 18:16

Con la presentazione delle liste di Forza Italia, il 17 aprile Silvio Berlusconi ha completato il casting per la campagna elettorale in vista delle elezioni europee (primo scrutinio a cui il Cavaliere non sarà candidato), anche se forse sarebbe meglio chiamarle elezioni antieuropee.

Nel 2000 il 53 per cento degli italiani aveva fiducia nell’Europa. Nel 2006 erano il 52 per cento e nel 2010 il 48 per cento. Questa erosione dei consensi ha accelerato nel 2012, quando la percentuale è crollata al 41 per cento. Oggi soltanto il 30 per cento degli italiani si fida ancora delle istituzioni europee. I dati, provenienti da un sondaggio condotto dall’Istituto Demopolis tra il 12 e il 14 aprile, sono stati presentati durante la trasmissione Otto e mezzo, in onda sulla tv privata La7 e di cui Marine Le Pen era ospite d’eccezione. Inutile dire che il leader del Front national (Fn) ha accolto queste cifre con tripudio.

Gli italiani amano presentarsi come eurofili e ricordare la firma del trattato di Roma nel 1957, ma la verità è che non si fidano più dell’Unione. Il 52 per cento degli intervistati afferma che l’Europa ha favorito soprattutto i mercati finanziari, mentre solo il 39 per cento ritiene che abbia protetto i cittadini. Il 57 per cento giudica negativamente il passaggio all’euro, mentre il 34 per cento spera che l’Italia esca dalla moneta unica (e la percentuale è in costante aumento: 15 per cento nel 2000, 21 per cento nel 2012).

Come già accaduto in passato, a sostenere l’ipotesi radicale di un’uscita dall’euro sono soprattutto i lavoratori indipendenti, gli imprenditori, i commercianti (42 per cento), i disoccupati e i precari (40 per cento).

La distribuzione degli euroscettici è molto interessante: sono in minoranza all’interno del Partito democratico (10 per cento), dei partiti di centro (14 per cento) e tra i simpatizzanti della sinistra radicale (19 per cento), ma sono il 41 per cento in seno a Forza Italia, il 45 per cento tra i sostenitori del Movimento 5 stelle, il 54 per cento tra i militanti del piccolo partito post-fascista Fratelli d’Italia e il 67 per cento degli elettori della Lega Nord.

Negli ultimi tempi la Lega e Fratelli d’Italia hanno moltiplicato i contatti con Marine Le Pen, che per gli italiani è il “leader europeo più popolare” con un tasso di notorietà del 46 per cento, contro il 21 per cento di Martin Schulz, il 18 per cento di Alexis Tsipras e il 2 per cento di Jean-Claude Junker.

In queste condizioni è inevitabile che l’euro diventi (con modalità diverse) il bersaglio principale della campagna elettorale italiana. “In Francia c’è un unico grande partito che incarna la battaglia contro l’Europa”, sottolinea Pietro Vento, direttore dell’Istituto Demopolis. “Ma in Italia il sentimento antieuro coinvolge gli elettori di tutti i partiti”. Questa distribuzione è allo stesso tempo una forza e una debolezza.

Troppo dispersi tra gli elettori di partiti incompatibili, i voti contro la moneta unica favoriranno probabilmente il partito dove l’antieuropeismo è più radicato, ovvero il Movimento 5 stelle di Beppe Grillo. Al contrario, il voto degli europeisti dovrebbe avvantaggiare il Partito democratico di Matteo Renzi. I due leader si sono già lanciati in una campagna elettorale senza esclusione di colpi, dove non c’è posto per gli indecisi e i timidi.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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