24 luglio 2014 09:00

In un articolo per il Corriere della Sera Luigi Berlinguer ha richiamato i risultati della recente indagine Talis (Teaching and learning international survey) e ha definito “preoccupante” la povertà d’innovazione didattica delle nostre scuole. In verità non si tratta solo d’innovazione.

Se si lasciano da parte le nostre eccellenti scuole dell’infanzia ed elementari, la mancanza di attenzione per la dimensione didattica degli insegnamenti attraversa tutto il nostro sistema educativo e raggiunge il massimo nelle università, dove però anche altri paesi non brillano. Nel confronto con le scuole di altri paesi i deficit italiani appaiono gravi specialmente in quello snodo delicato tra la scuola elementare e le superiori su cui Talis ha concentrato la sua ricerca.

Nella scuola media inferiore gli insegnanti dedicano meno ore dei colleghi stranieri a preparare le lezioni e a collaborare con colleghi per progetti comuni o per guidarli o esserne guidati. La formazione didattica in servizio coinvolge altrove l’88 per cento dei docenti, il 90 per cento in molti paesi, in Italia solo il 75 per cento. Le pratiche attive di insegnamento da noi non sono comuni.

Come ricorda Berlinguer, nella media Talis il 47 per cento degli insegnanti fa lavorare gli studenti in piccoli gruppi per soluzioni comuni dei problemi e dei compiti assegnati, in Italia il 32 per cento; l’interrogazione orale individuale altrove è usata dal 49 per cento, in Italia dall’80 per cento degli insegnanti.

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