28 agosto 2014 12:27

Il giornalista Faiq Butti mi mostra il video di un gruppo di jihadisti in fuga dai bombardamenti statunitensi. “Perché scappano?”, dice con grande concitazione. “Non vanno in paradiso se diventano martiri?”. Faiq è un cristiano di Mosul, la città conquistata dallo Stato islamico a inizio giugno. “Gli orrori dello Stato islamico potrebbero finire in una settimana se la cooperazione tra l’esercito iracheno, i peshmerga curdi e l’aviazione statunitense continuasse a funzionare”.

“Non esagerare”. La moglie frena il suo ottimismo: “I leader europei stanno parlando di ‘mesi’, non di ‘settimane’. Anche se gli estremisti sunniti saranno sconfitti, bisogna riconoscere che hanno già avvelenato le menti dei nostri figli”. Secondo la donna, circa duemila giovani iracheni sono andati a ingrossare le file dello Stato islamico.

Nelle città occupate, molti padri raccontano che i loro figli si lasciano incantare dalla propaganda dello Stato islamico. Le manifestazioni dei jihadisti attirano in piazza molti adolescenti e i combattenti vanno in giro seguiti da uno stuolo di giovani ammiratori. Nelle moschee si organizzano corsi sul tema: “Gli infedeli in occidente uccidono dappertutto i musulmani, quindi dobbiamo difenderci uccidendo gli occidentali e i loro alleati”.

In Iraq più della metà della popolazione ha meno di 19 anni. Molti ragazzi che non sono andati a scuola e non hanno un lavoro sono affascinati dalla violenza degli estremisti. Si sentono alienati, dalle famiglie, dalle scuole e dallo stato. Il governo e i partiti sono in mano a persone anziane. Il deputato più giovane è nato nel 1977, mentre i sessantenni sono la stragrande maggioranza, quindi si è creato un grande divario tra i leader e le nuove generazioni. I combattenti dello Stato islamico, invece, sono giovani e trattano i ragazzi iracheni come loro amici.

Uno dei miti che amano raccontare è che Osama bin Zaid aveva solo 17 anni quando è diventato capo dell’esercito del profeta Maometto. Dopo un breve addestramento militare, con i mitra in mano, i giovani jihadisti impongono la loro autorità sui padri e i fratelli maggiori. Le storie sul paradiso e la vita nell’aldilà li nutrono di un’illusoria felicità che gli fa dimenticare le loro vite miserabili. A volte nascono dei conflitti. I capi dello Stato islamico vogliono costringere i giovani ad andare in moschea invece di guardare le partite di calcio in tv. E vorrebbero anche vietargli di fumare.

Faiq torna al video che ci stava mostrando, sulla fuga dei jihadisti tra le colline vicino alla diga di Mosul. “È una delle ultime battaglie. Se i loro ammiratori vedessero una ritirata così poco onorevole, comincerebbero a guardare da un’altra parte per cercare i loro eroi”.

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