05 settembre 2014 10:44

I massacri dei jihadisti avvengono in funzione delle videocamere.

Di fronte alle atrocità dei jihadisti dello Stato islamico, gli iracheni si fanno tutti la stessa domanda: “Che razza di persone sono?”. “Le loro violenze sono un messaggio dell’orrore”, ha scritto lo psichiatra Faris Nadhmi sul suo sito. “Le loro videocamere seguono passo passo quello che fanno con le armi”. Secondo Nadhmi i massacri indiscriminati sono una forma di esibizione, per diffondere il terrore tra chi vive lontano dal campo di battaglia. Le stragi avvengono in funzione delle videocamere, e non viceversa.

In meno di un mese i miliziani dello Stato islamico hanno compiuto tre uccisioni di massa. Alla base militare irachena di Camp Speicher, a nordovest di Baghdad, hanno ucciso 1.700 militari (il dato varia a seconda delle fonti) che erano stati costretti a marciare disarmati nel deserto. Centinaia di giovani yazidi sono morti e le loro donne sono state rapite sul monte Sinjar, 360 chilometri a nord della capitale. Altri 250 soldati siriani sono stati ammazzati a Raqqa, in Siria. Tutti i massacri sono stati commessi dopo che i militari si erano arresi. Davanti alle videocamere le vittime avevano dovuto lodare i jihadisti e criticare chi li aveva mandati a combattere contro di loro. Sia gli iracheni sia i siriani sono stati uccisi a sangue freddo, sdraiati con la faccia a terra e le mani legate dietro la schiena. Le videocamere erano sempre presenti, proprio per le ragioni spiegate dal dottor Nadhmi: per mostrare al mondo tutta l’efferatezza dello Stato islamico.

Dopo aver visto quelle immagini, Sadia, una dipendente pubblica, ha chiesto a suo marito di spegnere la tv: “Come facciamo a mangiare in pace di fronte a queste scene?”. Ma non è solo lei a criticarli: molti religiosi sunniti delle città controllate dallo Stato islamico hanno dichiarato che i crimini dei jihadisti vanno contro i princìpi dell’islam e della tolleranza.

Il messaggio dello Stato islamico ha avuto un effetto diverso sui turcomanni sciiti del piccolo villaggio di Amerli. Dopo aver visto cos’era successo a Camp Speicher, a Raqqa e a Sinjar, gli abitanti hanno preso le armi e si sono ripromessi di combattere fino all’ultima pallottola. La loro lotta eroica, con l’aiuto degli eserciti iracheno e curdo, ha avuto la meglio sui mostri.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it