07 luglio 2016 11:00

Rajshree Gungoo, di 27 anni, sta parlando di fronte a un gruppo di quaranta indiane che discutono delle difficoltà che devono affrontare le donne sole nello stato del Maharashtra, nell’India occidentale. “È molto difficile. Non ho un marito, non ho un figlio, perfino mio padre non mi vuole”, racconta con voce rotta. “Sono sola e non posso fare niente”. Scoppia a piangere e si asciuga le lacrime con un lembo del suo sari. Intorno a lei, altre donne annuiscono e parlottano.

In una regione come quella di Marathwada, colpita dalla siccità e poverissima, il numero delle donne sole è insolitamente alto. Alcune sono rimaste vedove dopo che i loro mariti agricoltori si sono suicidati a causa dei debiti. Alcune sono state abbandonate perché non possono avere figli. Altre infine sono rimaste qui quando i loro mariti sono partiti in cerca di lavoro. Sole e senza sostegno economico, le donne e i loro bambini di solito vengono cacciate di casa dai suoceri, private del possesso della terra sulla quale lavorano e di qualsiasi forma di sostegno da parte dello stato.

Inoltre le loro comunità le isolano e le insultano, perché sono rimaste senza un uomo: “In questo paese le donne sole sono la categoria più vulnerabile: trascurate dal governo, dalla società e perfino dalla loro stessa famiglia”, racconta Vishwanath Todkar, segretario di Paryay, un’associazione che lavora con le comunità più marginalizzate. “Devono combattere ogni giorno e ogni ora per avere una casa, della terra, e perfino la carte d’identità, che sono a nome del marito o del padre. Sono costantemente umiliate”, spiega.

Pregiudizi fin dalla nascita

In India, dove il sistema patriarcale è profondamente radicato, solo il 13 per cento dei terreni agricoli è proprietà delle donne. La cifra è perfino inferiore per le donne sole della casta più bassa, i dalit. In base al censimento del 2011, circa il 12 per cento della popolazione femminile in India è “sola”, un gruppo che include anche le vedove, le divorziate, le separate o altre donne non coniugate. Le vedove ricevono una pensione mensile di circa cinquecento rupie (7,40 dollari) nella maggioranza degli stati indiani, mentre le donne divorziate, non coniugate o abbandonate non hanno accesso alla maggior parte dei sussidi pubblici. Inoltre la gran parte delle leggi religiose favorisce gli uomini per quanto riguarda l’eredità delle proprietà familiari o dei terreni agricoli.

Nel distretto di Osmanabad, Paryay lavora con le donne sole in circa trenta villaggi. Secondo l’associazione quasi metà delle donne in questi villaggi è sola e la maggior parte di loro è dalit.

Le donne sole nei villaggi indiani sopportano abitudini e superstizioni radicate, oltre a un pregiudizio che colpisce le bambine fin dalla nascita, limitando il loro accesso all’istruzione, costringendole a matrimoni precoci e a una dipendenza finanziaria nei confronti del marito o del padre. Per le più anziane non sposate o per quelle che sono state abbandonate dai mariti, possedere della terra o una casa può significare la differenza tra la vita e la morta, sostiene Lata Bangdar, uno dei coordinatori del programma di Paryay.

“È come se non esistessero senza un uomo. Dobbiamo provare la loro esistenza agli occhi del governo anche solo per fargli ottenere i documenti d’identità e i diritti minimi”, spiega Bandgar, che è stata cacciata di casa dopo che il marito l’aveva lasciata anni prima. “Un pezzo di terra da lavorare e una casa per abitarci sono i loro diritti minimi: definiscono la loro identità, il loro modo di vivere e il loro status nella comunità. Senza di essi non sono niente”, aggiunge.

Dal momento in cui si sveglia fino a quando si corica una donna sola in un villaggio è vittima di molestie, insulti e maltrattamenti

Nel Maharashtra, uno degli stati più ricchi dell’India, si sono svolte alcune delle più importanti battaglie per trasferire metà del diritto di proprietà di ogni famiglia alle donne. Da allora tuttavia le iniziative hanno perso slancio a causa dei bassi livelli di alfabetizzazione e per una scarsa consapevolezza. Circa il 41 per cento dei nuclei familiari guidati da donne in India non possiede terra e sopravvive grazie al lavoro manuale occasionale, secondo il censimento socioeconomico e sulle caste del 2011. Nel Maharashtra la cifra è superiore al 45 per cento.

Nella regione di Marathwada molte donne sole sono spinte a sposarsi con l’inganno e sono sfruttate come lavoratrici sessuali, poiché non possiedono i mezzi per guadagnarsi da vivere, racconta Bangdar. “Dal momento in cui si sveglia fino a quando si corica, e a volte anche dopo, una donna sola in un villaggio è vittima di molestie, insulti e maltrattamenti”, spiega. “Sono trattate peggio degli animali. Per loro è un mondo pericoloso. E quindi se riescono a far valere le loro rivendicazioni sulla terra o su proprietà immobiliari, ottengono almeno un po’ di sicurezza. Senza, non hanno niente”.

Andare avanti con l’aiuto delle altre

Un nuovo progetto di legge, annunciato in maggio, riconosce le difficoltà che devono affrontare le donne sole, compresa quella di trovare un alloggio sicuro e non troppo caro. Questa misura dovrebbe anche creare un “meccanismo onnicomprensivo di protezione sociale”. A Osmanabad le ong aiutano le donne sole a ottenere la carta d’identità che serve per accedere agli aiuti alimentari, fare domanda per prestiti bancari e far valere le loro rivendicazioni sulla terra o sulle proprietà immobiliari.

Lo scorso anno Paryay ha convinto il consiglio distrettuale di Osmanabad a stanziare due milioni di rupie per prestiti di un valore massimo di ventimila rupie all’anno per permettere alle donne che ne avevano diritto di acquistare pollame o capre. “Con questo denaro, le donne possono rimanere nel villaggio e guadagnarsi da vivere senza dipendere interamente dall’agricoltura”, ha spiegato il presidente del consiglio distrettuale, A.E. Rayate. “Vorremmo che fossero indipendenti dal punto di vista economico”, ha aggiunto.

Ed è questo anche l’obiettivo del gruppo di donne sole che hanno compilato i moduli per il prestito presso il gruppo di autoaiuto di Paryay.

“Perché stai piangendo ?”, ha chiesto a Gungoo la responsabile regionale di ActionAid, partner di Paryay. “Non pensare che solo perché non hai un marito, un padre o un figlio, non vali niente. Devi credere in te stessa e andare avanti con l’aiuto di donne come te”.

(Traduzione di Federico Ferrone)

Questo articolo è stato pubblicato sul sito della Thomson Reuters Foundation.

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