12 ottobre 2016 17:10

Avvertenza. Il linguaggio di questa rubrica è diretto ed esplicito.

Sono una etero cisessuale poco più che ventenne e vivo all’estero. Quanto devo aspettare prima di chiedere al mio amante tedesco, ipersensibile sulla questione dell’olocausto, di assecondare la mia più grande (e finora irrealizzata) fantasia sessuale, ovvero il gioco di ruolo a tema nazista? Con me lui ci va molto cauto perché sono un’ebrea non praticante che discende da sopravvissuti all’olocausto (anche se io gli ho ordinato di guardare The believer, il film con Ryan Gosling nei panni di un ebreo neonazista, per farsi un’idea più chiara del mio rapporto con l’ebraismo. Chiariamoci: non sono una neonazista, solo un’ebrea che si odia, come fanno tante). La situazione resta uguale anche se abbiamo parlato delle mie opinioni politiche antisioniste. È chiaro che lui è stato indottrinato fin da bambino con programmi di storia fortemente improntati al senso di colpa. Io sono contenta che lui pensi che le SS hanno sbagliato a sterminare la mia famiglia, ma non è che l’ha fatto lui con le sue mani. So che può sembrare una cosa molto malata, ma giuro che a motivarla non è una qualche forma di profondo disprezzo per me stessa. E se anche fosse, non faremmo del male a nessuno. Siamo entrambi in condizioni psicologiche decorose, e nessuno dei due è un fanatico. Mi piacerebbe provare a conoscerlo meglio, ma siamo davvero diversissimi (c’è una grossa differenza d’età) e non mi sembra che il nostro rapporto possa andare molto oltre il sesso.

—National Socialist Pretend Party

“Sono sempre le rubriche di sesso a beccarsi le domande religiose più interessanti”, osserva Mark Oppenheimer. “Che ne dici se qualche volta ci scambiamo le caselle di posta? Sono stufo di rispondere a chi mi chiede perché i cristiani vogliano votare per un personaggio da reality, misogino, con tre matrimoni alle spalle, che in chiesa non ci mette mai piede”.

Oppenheimer cura la rubrica “Beliefs”sul New York Times ed è uno dei presentatori di Unorthodox, un “podcast irriverente sugli ebrei e sugli altri”. Ho chiesto a lui di intervenire perché io, ahimè, non sono ebreo (lo si diventa per via materna, e quindi tutti i pompini che ho fatto al mio primo fidanzato ebreo non sono serviti a nulla. Per me niente diritto di nascita).

“Innanzitutto, penso che la nostra NSPP dovrebbe proporre la sua fantasia al più presto”, dice Oppenheimer. “Considerati i programmi di storia ‘fortemente improntati al senso di colpa’ su cui ha studiato il suo manzo teutonico, è probabile che questo vada in paranoia comunque, indipendentemente da quando lei gli chiederà di accenderla… no, scusa, di legarla a un letto e scoparla. Ma è anche vero che, se lui è abbastanza aperto e fantasioso, gli andrà di farlo comunque. Solo che in queste situazioni non ci sono mezze misure. Non è che lei può convincerlo semplicemente dicendogli che non è una di quelle rigide e inflessibili ebree ancora fissate con la distruzione degli ebrei d’Europa”.

Se Oppenheimer non è rimasto turbato dalla tua fantasia (non è che sia proprio una novità), NSPP, lo stesso non si può dire del disagio con cui vivi il tuo essere ebrea.

“Nella lettera ci garantisce di essere laica, antisionista, nonché un’ebrea che si odia come tante, dopodiché si paragona per scherzo al fanatico razzista (interpretato da Ryan Gosling) che nella realtà si è suicidato dopo che il New York Times aveva rivelato che era ebreo”, dice Oppenheimer.

“Partiamo dal presupposto che tutti (specie i finocchi e gli ebrei) sappiano cos’è il disprezzo per se stessi, e che per me gli ebrei possono avere l’opinione che voglionosu Israele, e che, ripeto, la fantasia di questa donna non mi turba. Ecco, detto questo, credo che puntare a un rapporto un po’ più sereno con le sue origini le farebbe bene. Così come non è bello che un nero si senta a disagio per il fatto di essere nero, o che una persona lgbt rimpianga di esserlo, per un ebreo o un’ebrea non è né sano né attraente mostrare un disagio così palese nei confronti delle proprie origini”.

Per concludere, NSPP, ho fatto leggere la tua lettera a un mio amico tedesco, giusto per vedere che effetto faceva a uno che ha studiato sui programmi di storia fortemente improntati al senso di colpa che dici. Lui lo farebbe? “Nemmeno tra sei milioni di anni”, mi ha risposto.

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Sono appena uscito da una relazione gay che è cominciata monogama, per poi diventare aperta, fare qualche tentativo di poliamore e infine esaurirsi. Ho il cuore spezzato e sento il bisogno di un tuo parere su una divergenza che avevamo a proposito del poliamore, che è stata una delle cause della fine. Per me poliamore è quando alcune persone sono innamorate l’una dell’altra, e tutte vanno a letto con tutte. Lui pensa che sia quando in una coppia ognuno vive e si gode relazioni con altre persone, e lo fa per conto proprio. A detta sua, la mia idea di poliamore sarebbe impossibile sia da realizzare sia da mantenere. A me la sua fa pensare all’affidamento dei figli in una causa di divorzio. Chi ha ragione?

—Reexamining Relationship Remnants

“Hanno ragione tutti e due”, risponde Allena Gabosch, attivista poli, educatrice e conduttrice del podcast The relationship anarchy show. “La definizione di poliamore che dà l’autore della lettera – un gruppo di persone innamorate che vanno a letto tra di loro – corrisponde a quelle che alcuni chiamano polifedeltà. È meno comune, ma in alcuni casi l’ho vista funzionare. La definizione che dà il suo ex è più diffusa: una coppia principale in cui ciascuno ha partner di secondo e a volte, addirittura, di terzo livello. Checché se ne possa dire, non esiste un unico vero modo di praticare il poliamore”.

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Ho una fantastica relazione monogama da quasi otto anni, ma una volta ero come tanti tuoi lettori. Avevo quella che oggi definirei una vita sessuale avventurosa, con un sacco di partner molto aperti, e in cui mi mi sono divertito a spostare sempre di più i miei confini sessuali, sempre a condizione che fosse tutto consensuale e sincero. Stacco sulla mia vita di oggi: sono sposato con una donna meravigliosa che ha gusti sessuali soft. All’inizio, questo passaggio al sesso monogamo e soft è stato difficile, e temevo che non sarei mai stato soddisfatto. Invece si è dimostrata una mossa ottima, che mi ha anche migliorato come persona. Il mio desiderio di fare sesso in ogni modo possibile e immaginabile si è placato, col vantaggio che ho molta più energia e concentrazione da dedicare ad altri aspetti della mia vita. Vorrei dire ai tuoi lettori che la soluzione per essere felici non sempre è la ricerca di un sesso sempre più bizzarro. A volte può anche essere la ricerca del contrario.

—Monogamous in Montana

La tua lettera mi ha ricordato la preghiera che formulò Sant’Agostino da ragazzo: “Signore, rendimi casto, ma non subito!”.

Tu adesso sei relativamente casto, MIM, ma prima, proprio come Agostino d’Ippona (354-430), per un po’ ti sei divertito in modo non casto. Forse ti sentiresti altrettanto appagato, felice e compiaciuto se avessi avuto una relazione monogama/sessualmente soft fin dall’inizio. O forse non saresti così appagato e felice se non avessi avuto tutte le avventure e le esperienze che hai vissuto allora. Parafrasando Sant’Agnes Gooch di Zia Mame: “Hai vissuto! Vissuto! Vissuto!”.

Adesso tutto quel vivere ti sembra tempo sprecato, MIM, ma è possibile – forse addirittura probabile – che il punto di vista e la consapevolezza di te stesso raggiunti negli anni in cui ti scopavi qualsiasi cosa respirasse abbiano fatto di te quello che sei oggi, ovvero un uomo pronto ad assumersi un impegno monogamo e capace (finora) di rispettarlo.

Per finire, è abbastanza frequente che chi ha inclinazioni monogame/soft migri nelle fila dei sessualmente avventurosi/non monogami e viceversa (senza contare che le categorie monogamo/soft e avventuroso non per forza si escludono a vicenda).

Anziché screditare le scelte degli altri – o quelle che un tempo erano le nostre – sarebbe meglio che incoraggiassimo le persone a fare le scelte giuste per loro. E le scelte che per una persona sono giuste ora non è detto che siano giuste sempre. Il che vale anche per te, MIM, perfino in questo momento.

(Traduzione di Matteo Colombo)

Questa rubrica è stata pubblicata su The Stranger.

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