13 gennaio 2016 11:17

Non ci sono prove che lo screening contro il cancro riesca a “salvare vite umane”. Lo scrivono Vinay Prasad, Jeanne Lenzer e David Newman in un’analisi pubblicata sul British Medical Journal.

Gli autori spiegano che gli studi sui benefici dello screening si basano sulla mortalità relativa al tipo di cancro contro cui viene fatto il controllo. Tuttavia, quando si esamina la mortalità generale, per tutti i tumori insieme, sembra che gli esami non portino a miglioramenti. Gli autori si chiedono come sia possibile. Forse gli studi sono troppo piccoli per cogliere il miglioramento nella mortalità generale. Un’altra possibilità è che gli screening riducono davvero la mortalità per il tipo di cancro oggetto del controllo, ma portano anche a diagnosi e trattamenti eccessivi, che fanno aumentare la mortalità generale, con un effetto di compensazione.

“Finché non siamo sicuri dei benefici dello screening sulla mortalità non possiamo dare alle persone le informazioni di cui hanno bisogno per fare una scelta informata. Dobbiamo essere onesti rispetto a questa incertezza”, scrivono gli autori.

“La comunicazione sullo screening del cancro è dubbia: i benefici sono esagerati e i danni minimizzati”, scrive in un commento Gerd Gigerenzer, del Max Planck Institute for Human Development di Berlino. Secondo Gigerenzer, sono usate varie tecniche di persuasione, come quella di usare la parola “prevenzione” invece di “diagnosi precoce”, suggerendo in modo errato che lo screening riduce il rischio di cancro. Per Gigerenzer è opportuno investire di più nella trasparenza delle informazioni ai pazienti, per esempio offrendo alle donne i dati statistici sulla mammografia, sulla mortalità per cancro al seno, mortalità per cancro e totale, sui “falsi allarmi” e sugli interventi non necessari.

Controlli regolari possono essere utili per gruppi a rischio di alcuni tipi di tumore, come quello al polmone, al collo dell’utero e al colon

Anche secondo la giornalista Megan Scudellari bisogna sfatare alcuni miti: “Controlli regolari possono avere dei benefici per alcuni gruppi a rischio relativamente ad alcuni tipi di tumore, come quello al polmone, al collo dell’utero e al colon, ma questo non vale per tutti gli esami”, scrive Scudellari sulla rivista Nature.

L’idea che una diagnosi precoce possa salvare la vita nasce all’inizio del novecento, quando i medici capirono di poter avere risultati migliori nei casi in cui i tumori venivano individuati e curati immediatamente dopo la comparsa dei primi sintomi. Il salto logico successivo è stato quello di dare per scontato che prima un tumore viene individuato, maggiori saranno le possibilità di guarigione. “A tutti noi hanno insegnato fin da quando eravamo piccolissimi che il modo migliore per affrontare il cancro sia individuarlo ed eliminarlo precocemente”, afferma Otis Brawley, direttore dello staff medico dell’American cancer society su Nature.

Tuttavia, gli studi su alcune tipologie di cancro – come quello alla tiroide, alla prostata e al seno – hanno dimostrato che i controlli precoci non sono sempre così determinanti nel salvare la vita. Continua Scudellari su Nature: “Una revisione condotta dalla Cochrane di cinque studi clinici controllati randomizzati, per un totale di 341.342 partecipanti, ha rilevato come i controlli non diminuiscano in modo significativo le morti dovute al cancro alla prostata. ‘Molti pensano che il solo fatto di aver scoperto in una fase precoce un tumore sia di per sé un beneficio. Ma non è così’, spiega Anthony Miller dell’università di Toronto, in Canada. Miller ha guidato il Canadian national breast screening study, una ricerca andata avanti per 25 anni su 89.835 donne di età compresa tra i 40 e i 59 anni dalla quale è emerso che nel complesso le mammografie annuali non abbiano ridotto il tasso di mortalità per cancro al seno”.

“Questo perché alcuni tumori provocano la morte a prescindere da quando siano stati individuati e trattati”, spiega Scudellari. Al tempo stesso, controlli precoci aggressivi possono essere dannosi per la salute. A livello della popolazione in generale, dunque, i benefici (vite salvate) non superano i rischi (vite perse o interrotte a causa di cure non necessarie).

Servono esami migliori

Tuttavia, secondo la dottoressa Anne Mackie, responsabile della diagnosi precoce della Public health England, nel Regno Unito, lo screening dei tumori e i trattamenti impediscono o possono almeno ritardare la morte: “Ci sono prove chiare e robuste dei benefici dello screening del cancro al colon e del calo dei decessi causati dal cancro al collo dell’utero. La revisione indipendente Marmot del 2012 sullo screening del tumore alla mammella, scrive il Guardian, ha evidenziato una riduzione della mortalità per cancro al seno del 20 per cento”, ha detto la dottoressa a Scudellari.

Le procedure diagnostiche attualmente disponibili dovrebbero essere sottoposte a test scrupolosi per dimostrare che possano davvero salvare delle vite. È l’opinione dell’epidemiologo John Ioannidis dello Stanford prevention research center, in California, che quest’anno ha riferito come siano pochissimi gli esami di controllo per malattie gravi che hanno davvero ridotto la mortalità.

Cambiare i comportamenti è il passo più importante ma anche il più difficile. Secondo Gilbert Welch del Dartmouth institute for health policy and clinical practice di Lebanon, nel Hew Hampshire, “è più probabile che alle persone venga consigliato di sottoporsi a controlli periodici piuttosto che di mangiare bene e fare attività fisica per prevenire il cancro: ‘Gli esami di controllo sono ormai una scorciatoia grazie alla quale sia il medico sia il paziente possono pensare di fare qualcosa di buono per la salute, anche se non modifica in alcun modo il rischio di ammalarsi’”.

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