20 marzo 2017 17:14

“La Siria è diventata il posto più pericoloso della terra per il personale sanitario”, scrivono Samer Jabbour e colleghi su The Lancet. L’articolo si concentra sugli effetti di una strategia adottata dal governo, ma anche da altri attori del conflitto siriano: usare il bisogno di cure mediche della popolazione come un’arma, negando in modo violento la possibilità di curarsi.

Questa strategia si è trasformata nell’uccisione di centinaia di medici, infermieri, farmacisti, autisti di autoambulanze, personale medico, nella loro incarcerazione e tortura. La negazione delle cure mediche è stata attuata anche con l’attacco intenzionale e sistematico a centinaia di strutture sanitarie. Secondo l’articolo, tra il marzo del 2011 e il febbraio del 2017 sono stati uccisi 814 membri del personale sanitario, tra cui 247 medici e 176 infermieri. Gli attacchi alle strutture sanitarie sono stati 199 nel 2016, in crescita rispetto ai 91 del 2012. Il governo siriano e i suoi alleati sono responsabili del 94 per cento degli attacchi. Questa strategia è stata sostenuta dal governo a livello legale con il varo, nel luglio del 2012, di una legge che criminalizza le cure mediche fornite a persone colpite dalle forze governative. Durante il conflitto non è stato rispettato il principio di fornire cure mediche ai combattenti feriti, in modo imparziale, indipendente e neutrale, codificato nel 1864 con la prima convenzione di Ginevra.

Infine, la raccolta di dati su questi abusi, organizzata dall’Organizzazionemondiale della sanità, non prevede l’identificazione dei responsabili delle violazioni, aumentando il senso di impunità. L’articolo è una collaborazione di The Lancet e dell’American University of Beirut.

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